È passato quasi un mese da che mio padre ha subito un intervento al cuore. O meglio: era entrato all'ospedale per una visita di controllo e non è più uscito. L'hanno trattenuto e poi spostato in una clinica specializzata per un'operazione urgente a una delle valvole cardiache che aveva deciso di non funzionare più.
L'operazione è andata bene e uno pensa "ok, il più è fatto". In realtà durante la degenza post-operatoria e poi la riabilitazione, le conseguenze di un intervento così importante su un uomo di 80 anni si sono fatte sentire parecchio. È anche riuscito a cadere e rompersi un spalla, con ulteriori conseguenze negative sul fisico e sull'umore.
Insomma, è un po' di anni che avrei dovuto accorgermene, ma adesso è inequivocabile: mio papà è vecchio. Non sto dicendo anziano, in là con l'età, dico proprio vecchio.
Ed è una cosa che, per qualche dinamica mentale che mi sfugge, io non sono mai riuscito ad accettare.
Negli ultimi anni si è fatto curvo, trascina i piedi, ripete le cose, si addormenta (e russa) ogni volta che tocca il divano. E questa cosa mi urta terribilmente. Vorrei che d'un colpo mio padre tornasse... chessò... sessantenne. Vivace, attivo, brillante.
Sicuramente uno psicologo saprebbe spiegare nel dettaglio i motivi di questa mia reazione. Io posso solo vedere come ai miei occhi venga meno la figura paterna, autoritaria, severa ma integerrima che mi ha accompagnato per tanti anni. E non mi dà fastidio il fatto che si stia avvicinando alla morte; ho messo in conto da anni che mio padre un giorno non tanto lontano morirà. Mi irrita come ci sta arrivando.
Oggi finalmente è tornato a casa e mia sorella ha fatto un video dell'incontro dei miei genitori dopo un mese di lontananza (penso che dal matrimonio in avanti, non si siano separati per più di un paio di giorni).
In quel video mio padre ha una sorta di crollo di nervi e a un certo punto si mette a piangere. Io non l'ho mai mai mai visto piangere in tutta la mia vita. Questa cosa mi ha scosso a tal punto che non sono neanche riuscito a finire di vedere il filmato: come ha iniziato a piangere, ho spento il telefono.
Perché ho tutte queste difficoltà ad accettare che mio padre stia invecchiando? Magari qualcuno di voi mi sa aiutare.
23 maggio 2020
07 maggio 2020
c'era una volta la cucina
Da buona casalinga, la cucina è sempre stata il mio regno. Ed è sempre stata l'unica stanza che bene o male manteneva un suo ordine.
Poi è arrivato il corona virus e con esso le lezioni online. E Anita ha scelto la cucina come suo angolo studio dove seguire le lezioni e fare i compiti.
Come dicono gli americani, it's over.
Poi è arrivato il corona virus e con esso le lezioni online. E Anita ha scelto la cucina come suo angolo studio dove seguire le lezioni e fare i compiti.
Come dicono gli americani, it's over.
01 maggio 2020
delle serie tv e delle incazzature che mi prendono
Ho terminato quasi in contemporanea la quarta stagione de La Casa di Carta e la terza di Atypical.
E vabbè, la differenza salta subito all'occhio, o forse dovrei dire che salta subito al mio sistema nervoso: la prima mi fa incazzare, la seconda mi rilassa.
E non mi sto riferendo al plot narrativo, perché una parla di una rapina e l'altra è una (atipica, appunto) family comedy. Sto proprio parlando del fatto che La Casa di Carta non vedevo l'ora che finisse, mentre Atypical vorrei che non finisse mai.
Nell'ormai vastissimo mondo delle serie tv si stanno delineando dei prodotti che nascono apposta per farti rimanere incollato allo schermo e per farti dire "no, adesso come faccio fino alla prossima stagione?".
Prendiamo l'esempio de La Casa di Carta, appunto. Le prime due stagioni - totale 22 episodi - potevano tranquillamente essere concentrati in una decina di episodi, e sarebbe stata una serie molto figa.
Non vivo sulla Luna, conosco anche io le regole del marketing, quindi a malavoglia cedo e mi guardo tutte e 22 le puntate, con punte di noia mista a insofferenza, ma vabbè.
Quando esce la terza stagione, un po' riluttante la guardo. L'incipit è bello, devo ammettere, ma poi la qualità scende e mi ritrovo a dover aspettare la quarta stagione per vedere come finisce el atraco.
Insomma arriva 'sta quarta stagione, me la vedo tutta, nonostante alcuni irritanti risvolti stile "Beautiful", e quando arriva alla fine cosa scopro? Che la rapina non è finita e devo aspettare la quinta stagione!
La sensazione di sentirsi presi per il culo è veramente tanta.
hanno pure riesumato Berlin, morto nella seconda stagione, l'unico personaggio veramente interessante.
Insomma, per vincere la noia della serie spagnola, mi sono guardato in parallelo la terza stagione di Atypical. E lì finalmente mi sono riconciliato con le serie tv.
Perché se da una parte, come dicevo, ho la sensazione di essere un rincitrullito, che gli sceneggiatori prendono per il culo a loro piacimento, nella family comedy in oggetto, mi sento a mio agio.
I personaggi sono tutti veritieri, con pregi e difetti talmente poco mascherati che ogni tanto hai la sensazione che non sia recitata, ma abbiano messo delle telecamere nascoste nella casa di una reale famiglia americana.
È una famiglia dove si sbaglia, si impara, e magari si sbaglia di nuovo, ma - santoiddio - chi non ha mai ripetuto un proprio errore nella sua vita.
E ti sembra di essere il loro vicino di casa, perché arrivi a conoscere tutti così bene che vorresti vederne una puntata ogni giorno. E talvolta impari anche con loro, perché certe scene ti fanno pensare alle scelte e ai comportamenti che hai fatto e ti porti appresso nella tua vita di tutti i giorni.
La terza serie l'ho adorata, forse anche più delle prime due. O forse solo perché la vedevo in contemporanea con La Casa di Carta e la differenza di voglia di vedere una nuova puntata era così differente che me l'ha fatta apprezzare di più.
Sam e Casey: fratelli talmente veri nelle loro reazioni, prese per il culo, litigi, che non si può che fare un plauso agli attori e al regista.
E vabbè, la differenza salta subito all'occhio, o forse dovrei dire che salta subito al mio sistema nervoso: la prima mi fa incazzare, la seconda mi rilassa.
E non mi sto riferendo al plot narrativo, perché una parla di una rapina e l'altra è una (atipica, appunto) family comedy. Sto proprio parlando del fatto che La Casa di Carta non vedevo l'ora che finisse, mentre Atypical vorrei che non finisse mai.
Nell'ormai vastissimo mondo delle serie tv si stanno delineando dei prodotti che nascono apposta per farti rimanere incollato allo schermo e per farti dire "no, adesso come faccio fino alla prossima stagione?".
Prendiamo l'esempio de La Casa di Carta, appunto. Le prime due stagioni - totale 22 episodi - potevano tranquillamente essere concentrati in una decina di episodi, e sarebbe stata una serie molto figa.
Non vivo sulla Luna, conosco anche io le regole del marketing, quindi a malavoglia cedo e mi guardo tutte e 22 le puntate, con punte di noia mista a insofferenza, ma vabbè.
Quando esce la terza stagione, un po' riluttante la guardo. L'incipit è bello, devo ammettere, ma poi la qualità scende e mi ritrovo a dover aspettare la quarta stagione per vedere come finisce el atraco.
Insomma arriva 'sta quarta stagione, me la vedo tutta, nonostante alcuni irritanti risvolti stile "Beautiful", e quando arriva alla fine cosa scopro? Che la rapina non è finita e devo aspettare la quinta stagione!
La sensazione di sentirsi presi per il culo è veramente tanta.
hanno pure riesumato Berlin, morto nella seconda stagione, l'unico personaggio veramente interessante.
Insomma, per vincere la noia della serie spagnola, mi sono guardato in parallelo la terza stagione di Atypical. E lì finalmente mi sono riconciliato con le serie tv.
Perché se da una parte, come dicevo, ho la sensazione di essere un rincitrullito, che gli sceneggiatori prendono per il culo a loro piacimento, nella family comedy in oggetto, mi sento a mio agio.
I personaggi sono tutti veritieri, con pregi e difetti talmente poco mascherati che ogni tanto hai la sensazione che non sia recitata, ma abbiano messo delle telecamere nascoste nella casa di una reale famiglia americana.
È una famiglia dove si sbaglia, si impara, e magari si sbaglia di nuovo, ma - santoiddio - chi non ha mai ripetuto un proprio errore nella sua vita.
E ti sembra di essere il loro vicino di casa, perché arrivi a conoscere tutti così bene che vorresti vederne una puntata ogni giorno. E talvolta impari anche con loro, perché certe scene ti fanno pensare alle scelte e ai comportamenti che hai fatto e ti porti appresso nella tua vita di tutti i giorni.
La terza serie l'ho adorata, forse anche più delle prime due. O forse solo perché la vedevo in contemporanea con La Casa di Carta e la differenza di voglia di vedere una nuova puntata era così differente che me l'ha fatta apprezzare di più.
Sam e Casey: fratelli talmente veri nelle loro reazioni, prese per il culo, litigi, che non si può che fare un plauso agli attori e al regista.
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