29 aprile 2014

to believe or not to believe

Ho atteso l'arrivo del nuovo disco di Paolo Nutini senza grosse angosce, ma con un discreto piacere.
E sono stato talmente impegnato a cercare di capire le differenze con i suoi dischi precedenti che mi è sfuggito l'essenziale di questo disco.

Sì perché io avrei voluto scrivere una rece "normale", ben argomentata, su un cantante che seguo dall'inizio (e con soli due album all'attivo), ma non trovavo nulla di diverso rispetto al precedente "Sunny side up".
Anzi, vi dirò: di cantanti che hanno preso a prestito la musica black per rimodernizzarla, da Amy Winehouse in poi, ne abbiamo anche un po' piene le palle.

E allora cosa differenzia 'sto giovane scozzese da tanti suoi simili?
Perché mi piace così tanto?
Beh, come già detto in passato, sono un po' tardo, ma poi alle cose ci arrivo in un attimo. E così, qualche giorno fa guardando/ascoltando una sua interpretazione di "Iron Sky" alla BBC (video) ho finalmente realizzato: "belin, ma 'sto ragazzo ci crede un casino!"
Traduzione per i neofiti (o per chi non conosce il mondo del calcio): "crederci" = "essere veramente convinti, in barba a qualsiasi intervento esterno".

Lo vedi che canta la sua canzone come se fosse la cosa più bella o più drammatica o più qualcos'altro che fa in vita sua. Con un trasporto e una passione tale che riesce a trasmetterti ogni singola parola che esce dalla sua bocca, anche se non hai mai parlato inglese in vita tua.
Paolo ci crede. E io credo in lui.
Vajece Paolino!


01 aprile 2014

Cronache di Gerusalemme

I fumetti per me sono sempre stati strumenti di svago e poco di cultura. O ne leggo di magnificamente stupidi tipo Rat-Man, o di "svuota-cervello" tipo Dylan Dog.
A 'sto giro ho fatto un'eccezione: il mio amico Paci mi ha prestato Cronache di Gerusalemme di Guy Delisle, un fumettista canadese la cui moglie lavora per Medici Senza Frontiere e che, per questo, si trova spesso sballottato da un paese all'altro.

Cronache di Gerusalemme racconta, appunto, le peripezie di un padre che si trova a vivere nella strana realtà della città santa, tra posti di blocco, strade dove è consentito circolare solo ai sostenitori di una determinata fede, militari in assetto da guerra e - soprattutto - la scarsa certezza di quello che succederà l'indomani.
Tra una ricerca di parco giochi per i suoi due figli, tate con cui non riesce a dialogare per via della lingua e con il dubbio di come vestirisi e cosa può mangiare, Guy cerca di trascorrere la vita e di portare avanti il suo lavoro il più serenamente possibile.

Quello che colpisce, in questa graphic novel, è la leggerezza con cui Delisle riesce a raffigurare e commentare uno scenario di guerra, perennemente sul punto di esplodere. L'ironia e un punto di vista quasi bambinesco - nonché apolitico - consentono al fumettista, di darci una fotografia molto lucida della realtà israeliana-palestinese, dove regnano le contraddizioni religiose, politiche e culturali.
E, devo aggiungere da cattolico, una realtà in cui qualsiasi religione appare in tutto il suo assurdo integralismo.