Secondo voi cos'è peggio:
che stamattina mi sia fatto la barba, tirato tutto a lucido, messo la camicia per un appuntamento con un cliente che poi non s'è presentato?
o che abbia rinunciato a vedere mia madre (che è venuta a Milano per accompagnare mia figlia e rimaneva solo poche ore) per aspettare una telefonata da un fornitore che non è mai arrivata?
o che stasera (ovviamente di venerdì sera) il nostro cliente principale ci abbia detto che ci saranno tagli nel budget?
si prospetta un bel weekend.
27 febbraio 2009
chicken confidential
È successo.
Dopo tanti anni di venerdì sera trascorsi insieme, per un motivo o per l'altro doveva succedere.
Piccolo prologo: dal 2002 circa un piccolo gruppo di milanesi (Dauno, Guido ed Elena, Dalia ed io) si vedeva tutti i venerdì sera per mangiare il pollo.
Perché il venerdì sera? Semplice, perché è il giorno in cui sei stanco morto e avresti voglia di non fare un belino.
Però, allo stesso tempo, se il venerdì sera esci e vedi gente, hai come l'impressione che il weekend cominci prima (e sia un po' più lungo).
Allora avevamo stabilito questa consuetudine: ci vedevamo da Gabry (bar/gelateria di viale Umbria), ognuno all'ora in cui riusciva ad uscire dall'ufficio. Si prendeva un aperitivo e poi si andava a casa di Dauno a mangiare il pollo (rigorosamente acquistato da Giannasi, in piazzale Buozzi), un po' d'insalata e poi il gelato.
Non si faceva niente di particolare: si stava lì, si mangiava, si dicevano scemate, si guardava un po' di tv (alcune teledipendenze sono cominciate da lì; "The Shield" o "Lost", per esempio).
La compagnia pollo, negli anni, ha subito diverse modifiche in quanto a partecipanti (siamo arrivati anche a una dozzina), ma i 5 storici rimanevano sempre.
Ci sono stati anche diversi "ospiti": gente incuriosita dalle nostre serate e che voleva partecipare almeno una volta.
Ho sempre pensato che il giorno che questa sorta di incantesimo si sarebbe spezzato, sarebbe stata colpa mia. O meglio: mia e di Dalia e dei futuri figli con i loro orari da pappe-nanne-ecc.
È arrivata Anita, con i suoi orari tutt'altro che bambineschi (è nata all'una di notte e a volte sembra che non se lo scordi mai); e le serate pollo sono continuate.
Adesso è in arrivo un'altra bimba. E pensavo: con la seconda non riusciremo a tenere il ritmo del venerdì sera.
E invece un altro incantesimo s'è spezzato: un mese fa Guido e Elena si sono lasciati.
La notizia è di quelle sconvolgenti, perché sono quei nomi che hai sempre pronunciato insieme: "dove sono guidoedelena?" "Hai sentito guidoedelena?"
E così da un mese s'è interrotto il nostro canonico appuntamento del venerdì sera.
È chiaro: non è questo ciò che mi sconvolge, bensì il fatto che due persone che hai sempre considerato un'unica entità si siano lasciate.
E volendo bene ad entrambi rimango spiazzato.
Come se uno fosse andato da una parte, l'altro dall'altra e io non sapessi far altro che rimanere in mezzo alla strada a guardarmi i piedi.
in foto: il baracchino di Giannasi.
Il pollo più buono della città.
Dopo tanti anni di venerdì sera trascorsi insieme, per un motivo o per l'altro doveva succedere.
Piccolo prologo: dal 2002 circa un piccolo gruppo di milanesi (Dauno, Guido ed Elena, Dalia ed io) si vedeva tutti i venerdì sera per mangiare il pollo.
Perché il venerdì sera? Semplice, perché è il giorno in cui sei stanco morto e avresti voglia di non fare un belino.
Però, allo stesso tempo, se il venerdì sera esci e vedi gente, hai come l'impressione che il weekend cominci prima (e sia un po' più lungo).
Allora avevamo stabilito questa consuetudine: ci vedevamo da Gabry (bar/gelateria di viale Umbria), ognuno all'ora in cui riusciva ad uscire dall'ufficio. Si prendeva un aperitivo e poi si andava a casa di Dauno a mangiare il pollo (rigorosamente acquistato da Giannasi, in piazzale Buozzi), un po' d'insalata e poi il gelato.
Non si faceva niente di particolare: si stava lì, si mangiava, si dicevano scemate, si guardava un po' di tv (alcune teledipendenze sono cominciate da lì; "The Shield" o "Lost", per esempio).
La compagnia pollo, negli anni, ha subito diverse modifiche in quanto a partecipanti (siamo arrivati anche a una dozzina), ma i 5 storici rimanevano sempre.
Ci sono stati anche diversi "ospiti": gente incuriosita dalle nostre serate e che voleva partecipare almeno una volta.
Ho sempre pensato che il giorno che questa sorta di incantesimo si sarebbe spezzato, sarebbe stata colpa mia. O meglio: mia e di Dalia e dei futuri figli con i loro orari da pappe-nanne-ecc.
È arrivata Anita, con i suoi orari tutt'altro che bambineschi (è nata all'una di notte e a volte sembra che non se lo scordi mai); e le serate pollo sono continuate.
Adesso è in arrivo un'altra bimba. E pensavo: con la seconda non riusciremo a tenere il ritmo del venerdì sera.
E invece un altro incantesimo s'è spezzato: un mese fa Guido e Elena si sono lasciati.
La notizia è di quelle sconvolgenti, perché sono quei nomi che hai sempre pronunciato insieme: "dove sono guidoedelena?" "Hai sentito guidoedelena?"
E così da un mese s'è interrotto il nostro canonico appuntamento del venerdì sera.
È chiaro: non è questo ciò che mi sconvolge, bensì il fatto che due persone che hai sempre considerato un'unica entità si siano lasciate.
E volendo bene ad entrambi rimango spiazzato.
Come se uno fosse andato da una parte, l'altro dall'altra e io non sapessi far altro che rimanere in mezzo alla strada a guardarmi i piedi.
in foto: il baracchino di Giannasi.
Il pollo più buono della città.
26 febbraio 2009
shambala
Questa settimana siamo senza Anita, che è rimasta a Celle con i nonni.
Io, come sempre, passerei le mie serate al cinema, ma, visti gli orari canonici degli spettacoli, o non riesco ad andarci per problemi di lavoro, o rischiamo di andare a dormire troppo tardi.
E così ieri sera io e Dalia ci siamo rilassati e ci siamo concessi una cena allo Shambala, ristorante con cucina fusion (vietnamita e thailandese).
Andare allo Shambala è sempre piacevole: l'ambiente è molto curato e intimo e il cibo non è sicuramente quello che trovi in un qualsiasi ristorante.
Tutto contribuisce a farti sentire "in vacanza" anche solo per un paio d'ore.
E così, anche se non avevo coglia di andare a cena fuori (volevo andare al cinema!) ho passato due ore meravigliose in compagnia di mia moglie a chiacchierare e divertirci.
Bello. E, visto che lo facciamo sempre più di rado, ieri sembrava ancora più bello.
in foto: una delle sale interne dello Shambala, con vista sul giardino.
Io, come sempre, passerei le mie serate al cinema, ma, visti gli orari canonici degli spettacoli, o non riesco ad andarci per problemi di lavoro, o rischiamo di andare a dormire troppo tardi.
E così ieri sera io e Dalia ci siamo rilassati e ci siamo concessi una cena allo Shambala, ristorante con cucina fusion (vietnamita e thailandese).
Andare allo Shambala è sempre piacevole: l'ambiente è molto curato e intimo e il cibo non è sicuramente quello che trovi in un qualsiasi ristorante.
Tutto contribuisce a farti sentire "in vacanza" anche solo per un paio d'ore.
E così, anche se non avevo coglia di andare a cena fuori (volevo andare al cinema!) ho passato due ore meravigliose in compagnia di mia moglie a chiacchierare e divertirci.
Bello. E, visto che lo facciamo sempre più di rado, ieri sembrava ancora più bello.
in foto: una delle sale interne dello Shambala, con vista sul giardino.
12 febbraio 2009
citazioni
Anita divora libri e cartoni animati.
E poi parla per citazioni, talvolta con risultati esilaranti.
Qualche giorno fa, a tavola con ospiti, mentre si faceva un brindisi, lei ha urlato "à la votre santé", ottenendo uno sbigottimento generale, come se noi le insegnassimo il francese a due anni e rotti.
Abbiamo dovuto subito spiegare che si tratta di una citazione da "Ratatouille", prima che ci prendessero per una famiglia di pazzi.
Stasera, invece, ne ha sparate due di fila clamorose.
Tra il primo e il secondo, a tavola, ha detto "e adesso facciamo un ballo indiano!" (citazione dalla Pimpa).
E poi, mettendosi le mani nei capelli, ha aggiunto "io oggi vorrei cambiare pettinatura" (sempre dalla Pimpa).
Se un estraneo vedesse una scena del genere dall'esterno, penserebbe che abbiamo un genio in casa. O che noi siamo dei genitori dementi.
sopra: il "màître a penser" di casa nostra
E poi parla per citazioni, talvolta con risultati esilaranti.
Qualche giorno fa, a tavola con ospiti, mentre si faceva un brindisi, lei ha urlato "à la votre santé", ottenendo uno sbigottimento generale, come se noi le insegnassimo il francese a due anni e rotti.
Abbiamo dovuto subito spiegare che si tratta di una citazione da "Ratatouille", prima che ci prendessero per una famiglia di pazzi.
Stasera, invece, ne ha sparate due di fila clamorose.
Tra il primo e il secondo, a tavola, ha detto "e adesso facciamo un ballo indiano!" (citazione dalla Pimpa).
E poi, mettendosi le mani nei capelli, ha aggiunto "io oggi vorrei cambiare pettinatura" (sempre dalla Pimpa).
Se un estraneo vedesse una scena del genere dall'esterno, penserebbe che abbiamo un genio in casa. O che noi siamo dei genitori dementi.
sopra: il "màître a penser" di casa nostra
11 febbraio 2009
in arrivo
Alla fine di tutta la faccenda, ho finalmente comprato l'auto.
O meglio: ho dato un anticipo.
La macchina arriverà tra un mese.
Per la cronaca: ho strapprato un prezzo da vergogna.
D'altronde il mercato dell'auto è in crisi e loro hanno bisogno di vendere... bisognava approfittarne, no?
L'ho presa blu.
O meglio: ho dato un anticipo.
La macchina arriverà tra un mese.
Per la cronaca: ho strapprato un prezzo da vergogna.
D'altronde il mercato dell'auto è in crisi e loro hanno bisogno di vendere... bisognava approfittarne, no?
L'ho presa blu.
06 febbraio 2009
Eluana
Quello che sta succedendo oggi (come epilogo ai fatti dei giorni scorsi) è impressionante.
Io non sono solito commentare fatti di cronaca, ma non riesco a non esimermi dal parlare del caso "Eluana".
Come tutti sanno Eluana Englaro è una ragazza in come da 17 anni. La Cassazione, dopo anni di dibattiti, ha finalmente dato l'autorizzazione a sospendere l'alimentazione alla ragazza.
E, nel peggiore dei modi, è partita una diatriba mediatica sul fatto che sia giusto o meno far finire la vita di questa persona.
È in atto in queste ore un teatrino politico che fa ribrezzo, dove persone dalla dubbia moralità (per non dire indubbia amoralità) quali sono i nostri politici invocano il rispetto per la vita umana solo quando fa comodo a loro.
È tutto un bieco, orribile, disgustoso gioco politico.
E lo scenario è lo stesso del famoso "family day", dove persone separate e divorziate manifestavano contro i Dico. La stessa è anche l'ipocrisia.
Quella di chi non ha mai immaginato per un solo istante come può sentirsi un genitore che per 17 anni (diciassette! sono più di seimila giorni!) ha dovuto sopportare il dolore di una figlia in coma.
Un coma che ogni giorno che passa ti dà sempre meno speranza.
E la decisione - che sarà stata soffertissima - di interromperne l'alimentazione per poterla lasciar morire.
E questa massa di criminali, corrotti, mafiosi e quant'altro ci speculano sopra per i propri tornaconti elettorali (perché poi tutto si riduce a quello).
Io - lo giuro! - ho le lacrime agli occhi se penso a quel povero genitore.
Io non sono solito commentare fatti di cronaca, ma non riesco a non esimermi dal parlare del caso "Eluana".
Come tutti sanno Eluana Englaro è una ragazza in come da 17 anni. La Cassazione, dopo anni di dibattiti, ha finalmente dato l'autorizzazione a sospendere l'alimentazione alla ragazza.
E, nel peggiore dei modi, è partita una diatriba mediatica sul fatto che sia giusto o meno far finire la vita di questa persona.
È in atto in queste ore un teatrino politico che fa ribrezzo, dove persone dalla dubbia moralità (per non dire indubbia amoralità) quali sono i nostri politici invocano il rispetto per la vita umana solo quando fa comodo a loro.
È tutto un bieco, orribile, disgustoso gioco politico.
E lo scenario è lo stesso del famoso "family day", dove persone separate e divorziate manifestavano contro i Dico. La stessa è anche l'ipocrisia.
Quella di chi non ha mai immaginato per un solo istante come può sentirsi un genitore che per 17 anni (diciassette! sono più di seimila giorni!) ha dovuto sopportare il dolore di una figlia in coma.
Un coma che ogni giorno che passa ti dà sempre meno speranza.
E la decisione - che sarà stata soffertissima - di interromperne l'alimentazione per poterla lasciar morire.
E questa massa di criminali, corrotti, mafiosi e quant'altro ci speculano sopra per i propri tornaconti elettorali (perché poi tutto si riduce a quello).
Io - lo giuro! - ho le lacrime agli occhi se penso a quel povero genitore.
aria fritta
Ieri sera aperitivo "obbligatorio" in un noto locale trendy di Milano: un'agenzia di PR con cui collaboro celebrava il quarto anniversario della sua nascita.
Presenza doverosa, quindi, e timidissimo tentativo di fare un po' di new business con - chissà? - potenziali nuovi clienti. Mi metto anche la camicia, per l'occasione.
Ma la sensazione, dopo 10 minuti dall'entrata, è sempre la stessa: cosa ci faccio io qui?
Questo tipo di eventi mi mettono un po' a disagio. A partire già dal buttafuori, che mi dice di spostare il motorino.
E dentro ovviamente la situazione non migliora: non conosco quasi nessuno, il locale non mi piace, sono tutti vestiti molto meglio di me (e qui non è che ci voglia tanto, eh!), tutte le donne in tiro e la musica (instancabilmente e banalissimamente anni '80: orrore!) è altissima. Aiuto.
Faccio amicizia con un barista giovane che inizia a "cotonarmi" con una serie di Vodka Sour, leggeri ma sequenziali, ai vari gusti. Il buffet non è granché, quindi l'alcool inizia a fare un certo effetto.
Intanto le festeggiate, ovvero le ragazze dell'agenzia di PR (nonché le uniche persone che conosco) mi presentano a varie persone, di cui dopo 2 minuti non ricordo già più il nome. Ovviamente mi presentano come "il loro art director preferito".
Decido di non pensare quante altre persone hanno già presentato con la stessa formula e sorrido educatamente e riesco anche a fare qualche battuta brillante (o è l'alcool che me lo fa credere?) e distribuisco anche ben due biglietti da visita.
Provato, attendo l'occasione giusta per fuggire. Appena il dj alza un po' la musica (ma si può alzare più di così?), chiaro segno che si inizia a ballare, ringrazio tutti, risaluto tutti educatamente ed esco.
Salgo sul motorino e, sotto il diluvio, torno a casa.
Che fatica. Mi costa molto di meno stare un giorno intero in ufficio a lavorare sodo.
Presenza doverosa, quindi, e timidissimo tentativo di fare un po' di new business con - chissà? - potenziali nuovi clienti. Mi metto anche la camicia, per l'occasione.
Ma la sensazione, dopo 10 minuti dall'entrata, è sempre la stessa: cosa ci faccio io qui?
Questo tipo di eventi mi mettono un po' a disagio. A partire già dal buttafuori, che mi dice di spostare il motorino.
E dentro ovviamente la situazione non migliora: non conosco quasi nessuno, il locale non mi piace, sono tutti vestiti molto meglio di me (e qui non è che ci voglia tanto, eh!), tutte le donne in tiro e la musica (instancabilmente e banalissimamente anni '80: orrore!) è altissima. Aiuto.
Faccio amicizia con un barista giovane che inizia a "cotonarmi" con una serie di Vodka Sour, leggeri ma sequenziali, ai vari gusti. Il buffet non è granché, quindi l'alcool inizia a fare un certo effetto.
Intanto le festeggiate, ovvero le ragazze dell'agenzia di PR (nonché le uniche persone che conosco) mi presentano a varie persone, di cui dopo 2 minuti non ricordo già più il nome. Ovviamente mi presentano come "il loro art director preferito".
Decido di non pensare quante altre persone hanno già presentato con la stessa formula e sorrido educatamente e riesco anche a fare qualche battuta brillante (o è l'alcool che me lo fa credere?) e distribuisco anche ben due biglietti da visita.
Provato, attendo l'occasione giusta per fuggire. Appena il dj alza un po' la musica (ma si può alzare più di così?), chiaro segno che si inizia a ballare, ringrazio tutti, risaluto tutti educatamente ed esco.
Salgo sul motorino e, sotto il diluvio, torno a casa.
Che fatica. Mi costa molto di meno stare un giorno intero in ufficio a lavorare sodo.
04 febbraio 2009
piccole gioie
Stamattina mi sono finalmente reimpossessato del mio mezzo a due ruote, che - come già detto - giaceva nel box di mio cognato dal 24 dicembre.
Un'alba bellissima e, per la prima volta da un mese a questa parte, una temperatura quasi accettabile mi hanno convinto a riappropriarmi del mio efficientissimo motorino e a girare per la città con meno fretta, godendomi il tragitto da casa a lavoro, guidando piano.
Ovviamente adesso piove.
Un'alba bellissima e, per la prima volta da un mese a questa parte, una temperatura quasi accettabile mi hanno convinto a riappropriarmi del mio efficientissimo motorino e a girare per la città con meno fretta, godendomi il tragitto da casa a lavoro, guidando piano.
Ovviamente adesso piove.
03 febbraio 2009
che la cultura trionfi!
Ma non in Italia, ovviamente.
"India, un pc da otto euro per digitalizzare il paese" titola Repubblica oggi, parlando di "un portatile low cost per studenti, dotato di wireless e memoria da 2GB".
Mi ripeto: in India.
È proprio vero che quando uno ha delle necessità, pur non avendo i mezzi, fa di tutto per arrangiarsi.
Da noi invece la domanda, per qualsiasi tipo di iniziativa, è sempre la stessa: come riesco a farla fruttare economicamente?
"India, un pc da otto euro per digitalizzare il paese" titola Repubblica oggi, parlando di "un portatile low cost per studenti, dotato di wireless e memoria da 2GB".
Mi ripeto: in India.
È proprio vero che quando uno ha delle necessità, pur non avendo i mezzi, fa di tutto per arrangiarsi.
Da noi invece la domanda, per qualsiasi tipo di iniziativa, è sempre la stessa: come riesco a farla fruttare economicamente?
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