Il nuovo disco dei Darkness è una bomba.
Per chi non si è mai interessato troppo alla storia della band inglese, bisogna sapere che sono passati 7 anni dal precedente "One way ticket to Hell... and back" (che mi piacque).
Sette anni in cui è successo un po' di tutto: prima si sono sciolti a causa di problemi - dicono - di droga di Justin Hawkins (frontman e cantante del gruppo); poi dalle ceneri sono nate nuove band; intanto Justin, una volta riabilitato, ha tentato la carriera solista.
Insomma, quel che ci importa è che adesso siano tornati.
O meglio: a me importa, visto che sono stato un loro (seppur tiepido) fan.
E se voi che state leggendo siete stati fan come me, o anche solo li ascoltavate e vi piaciucchiavano, beh, allora non perdetevi questo disco.
Gli elementi portanti sono gli stessi di prima: un discreto hard rock, con una strizzatina d'occhio al pop, bei riff di chitarra (in un paio di brani l'incipit sembra opera degli AC/DC) e soprattutto la presenza eclettica di Justin Hawkins e del suo falsetto che fa sembrare sempre tutto un gioco.
In effetti è questo che mi è sempre piaciuto dei Darkness: mi divertono.
E se fino a qua ancora non vi ho incuriosito, sappiate che nel disco c'è pure spazio per una bellissima versione di "Street Spirit (fade out)" dei Radiohead e nell'ultima traccia "Cannonball" (forse la mia canzone preferita insieme a "with a Woman") compare nientepopodimenoche Ian Anderson, leader dei Jethro Tull, col suo flauto magico.
E per chi non li conoscesse, guardatevi il video, appena uscito, del secondo singolo estratto dall'album. Dice molto della band.
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