Insomma: Marrakech è quello che vi aspettate, ma molto di più.
In che senso? In due sensi, per l'esattezza.
Il primo è che tutto questo pot-pourri di colori suoni profumi è totalmente coinvolgente, è sterminato. Ne sono permeati anche i muri. Ed è esteso a tutta la Medina, la città vecchia (quello che da noi chiameremmo il Centro Storico) che è enorme. E non c'è angolo che non te lo trasmetta.
in foto: il tradizionale the alla menta, in un caffè letterario
La seconda ragione è che c'è anche una Marrakech nuova, più moderna, con locali che non hanno niente da invidiare a quelli milanesi.
Il bar-ristorante vegetariano, i caffè letterari, i Riad superconfortevoli (ma non superlussuosi, attenzione) il Vitaminic Bar dove servono anche caffè italiano (e neanche a prezzi eccessivi): c'è una Marrakech che non sta cambiando, ma si sta comunque affinando. Sta aprendo sempre più le porte all'arte e alle varie culture.
Una città che vale sicuramente la pena visitare, e non solo per fare il verso ai trenta/quarantenni di Salvatores.
22 marzo 2014
21 marzo 2014
Marrakech - part two
È stata una vacanza breve, praticamente un weekend lungo, ma intensa.
Anche perché la vita lì è stancante: ci sono un sacco di persone che ti fermano, cercando di venderti qualsiasi cosa. E ci riescono pure perché paradossalmente, meno la cosa ti interessa, più hai potere contrattuale. E così inizia il gioco della trattativa; e lì loro sono dei maestri. Così ti trovi ad aver comprato un paio di babbucce, di cui non hai nessun bisogno, ma con la sensazione di aver fatto l'affare della vita.
in foto: insieme al simpaticissimo Youssef, da cui abbiamo comprato ogni genere di spezie.
Ma non crediate che i marocchini siano fastidiosi: sono tutti gentilissimi. E parlano anche buona parte delle lingue europee, visto che interagiscono con chiunque gli passi di fianco.
E bisogna dire che è piacevole farsi abbindolare da loro. Ti senti come una donna quando viene corteggiata (o almeno credo).
Tutto questo nel caso vi chiedeste un giorno, entrando a casa nostra, da dove vengono buona parte degli oggetti che arredano l'ambiente.
(segue)
Anche perché la vita lì è stancante: ci sono un sacco di persone che ti fermano, cercando di venderti qualsiasi cosa. E ci riescono pure perché paradossalmente, meno la cosa ti interessa, più hai potere contrattuale. E così inizia il gioco della trattativa; e lì loro sono dei maestri. Così ti trovi ad aver comprato un paio di babbucce, di cui non hai nessun bisogno, ma con la sensazione di aver fatto l'affare della vita.
Ma non crediate che i marocchini siano fastidiosi: sono tutti gentilissimi. E parlano anche buona parte delle lingue europee, visto che interagiscono con chiunque gli passi di fianco.
E bisogna dire che è piacevole farsi abbindolare da loro. Ti senti come una donna quando viene corteggiata (o almeno credo).
Tutto questo nel caso vi chiedeste un giorno, entrando a casa nostra, da dove vengono buona parte degli oggetti che arredano l'ambiente.
(segue)
20 marzo 2014
Marrakech - part one
Il primo impatto con Marrakech è surreale. Sembra di essere in un film,
tipo "Nirvana" di Salvatores: vicoli stretti, micronegozi che vendono la
qualunque, un sacco di gente che cammina, più qualche motorino o
bicicletta in transito o - giuro! - qualche carretto trainato da un
asino.
Non proprio una vacanza relax, diciamo.
Eppure è una città che ti manca già da quando metti piede all'aeroporto Menara, per il volo di ritorno. I colori accesi della mercanzia, l'odore delle spezie e questa strana sensazione di vivere in una sorta di villaggio globale (benché molto radicato nel territorio) ne fanno una città impossibile da dimenticare.
(segue)
Non proprio una vacanza relax, diciamo.
Eppure è una città che ti manca già da quando metti piede all'aeroporto Menara, per il volo di ritorno. I colori accesi della mercanzia, l'odore delle spezie e questa strana sensazione di vivere in una sorta di villaggio globale (benché molto radicato nel territorio) ne fanno una città impossibile da dimenticare.
(segue)
14 marzo 2014
tra pirandello e blade runner
C'è sempre un po' di frustrazione quando tutti urlano al miracolo e tu rimani lì a guardare non capendo perché in te non è scattato l'interruttore. Diciamoci la verità: ti senti scemo.
Come davanti a quei cazzo di quadri 3D che andavano di moda a fine anni novanta, che dopo un po' che guardavi un punto ti appariva chissà che cosa.
Ecco io sono quello che sta ancora lì a fissare il punto.
Questo pensavo alla fine della visione di "Her" ("lei" in italiano) il nuovo film di Spike Jonze.
Film che ieri sera grazie al peer-to-peer ho potuto vedermi in inglese sottotitolato in italiano. Eh sì, perché se c'è un'attrice che rischiava di essere candidata all'Oscar solo per la sua interpretazione vocale, mica puoi vedertelo doppiato, no?
Comunque.
Si parla di futuro prossimo e si parla di intelligenza artificiale; però scordatevi le atmosfere fredde e glaciali dei film ambientati nel futuro. Ci sono toni caldi e scenari "umani", se capite cosa voglio dire.
Si parla anche di solitudine e incomunicabilità. E vabbè questi sono temi che sono sempre in voga, quindi figuriamoci in un futuro dove le persone rischiano di interagire sempre di più coi propri device, che non tra di loro.
Quindi tutto bene, buon film, bella fotografia e anche finale (non spoilero) che chiude degnamente il percorso logico che parte dall'inizio dei film.
Allora cosa c'è che non va? Non lo so esattamente, però mi sembra tutto troppo prevedibile. Cioè: dall'inizio del film sai già tutto. Sai come si evolverà e come andrà a finire. Così come sai che ci sarà la straprevedibile scena di sesso.
Per me siamo alla via di mezzo tra il blockbuster e il film d'autore. Ha le caratteristiche tecniche del film d'autore (regia, fotografia, scenografie, interpretazioni, ecc), ma con un plot narrativo abbastanza banale.
Ma non voglio fare l'intellettuale, eh! Il blockbuster io me lo guardo anche (ultimamente mi sono visto "the Avengers", quindi, please, non ditemi che faccio lo snob). Però per realizzare un vero filmone, caro il mio Spike Jonze, devi sforzarti un po' di più.
Tutto questo per dire che, in questa pellicola, io il miracolo non ce lo vedo proprio.
Ultimo appunto: pensavo di rimanere "stregato" da Scarlett Johansson (e partivo già da un buon punto), invece è Joaquin Phoenix che mi ha letteralmente conquistato. Mi sembra di poter scomodare il classico luogo comune che dice "il film poggia tutto su di lui".
Beh, è vero: se la storia è credibile, è solo grazie alla sua magnifica intepretazione.
Come davanti a quei cazzo di quadri 3D che andavano di moda a fine anni novanta, che dopo un po' che guardavi un punto ti appariva chissà che cosa.
Ecco io sono quello che sta ancora lì a fissare il punto.
Questo pensavo alla fine della visione di "Her" ("lei" in italiano) il nuovo film di Spike Jonze.
Film che ieri sera grazie al peer-to-peer ho potuto vedermi in inglese sottotitolato in italiano. Eh sì, perché se c'è un'attrice che rischiava di essere candidata all'Oscar solo per la sua interpretazione vocale, mica puoi vedertelo doppiato, no?
Comunque.
Si parla di futuro prossimo e si parla di intelligenza artificiale; però scordatevi le atmosfere fredde e glaciali dei film ambientati nel futuro. Ci sono toni caldi e scenari "umani", se capite cosa voglio dire.
Si parla anche di solitudine e incomunicabilità. E vabbè questi sono temi che sono sempre in voga, quindi figuriamoci in un futuro dove le persone rischiano di interagire sempre di più coi propri device, che non tra di loro.
Quindi tutto bene, buon film, bella fotografia e anche finale (non spoilero) che chiude degnamente il percorso logico che parte dall'inizio dei film.
Allora cosa c'è che non va? Non lo so esattamente, però mi sembra tutto troppo prevedibile. Cioè: dall'inizio del film sai già tutto. Sai come si evolverà e come andrà a finire. Così come sai che ci sarà la straprevedibile scena di sesso.
Per me siamo alla via di mezzo tra il blockbuster e il film d'autore. Ha le caratteristiche tecniche del film d'autore (regia, fotografia, scenografie, interpretazioni, ecc), ma con un plot narrativo abbastanza banale.
Ma non voglio fare l'intellettuale, eh! Il blockbuster io me lo guardo anche (ultimamente mi sono visto "the Avengers", quindi, please, non ditemi che faccio lo snob). Però per realizzare un vero filmone, caro il mio Spike Jonze, devi sforzarti un po' di più.
Tutto questo per dire che, in questa pellicola, io il miracolo non ce lo vedo proprio.
Ultimo appunto: pensavo di rimanere "stregato" da Scarlett Johansson (e partivo già da un buon punto), invece è Joaquin Phoenix che mi ha letteralmente conquistato. Mi sembra di poter scomodare il classico luogo comune che dice "il film poggia tutto su di lui".
Beh, è vero: se la storia è credibile, è solo grazie alla sua magnifica intepretazione.
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