Ero preparato a pogare insieme ai ragazzini, e invece il concerto di ieri sera all'Autodromo di Monza, già dal primo arrivo mi ha riservato una sorpresa: c'era un sacco di gente sui 30/40 anni. Poi ho fatto mente locale e ho pensato che Dookie è del '94; son passati più di vent'anni. E anche i fan dell'ultima ora, insomma, dall'uscita di American Idiot sono passati 13 anni. Tanto giovincelli non devono essere neanche loro.
Sono arrivato nel prato antistante il palco che i Rancid praticamente stavano salutando. Tempo di trovare l'entrata al "Golden Circle" (quello che ho sempre chiamato "pit") e mi piazzo bene in centro, abbastanza vicino al palco, giusto al di là della schiera dei superfan. Sono soddisfatto.
Alle 21,00 in punto, come da programma, comincia il concerto in maniera assai singolare, con un coniglio gigante che sale sul palco e balla sulle note di "Hey yo, let's go" dei Ramones (fra l'altro, ho visto parecchia gente con la maglietta dei Ramones, ieri sera). Mi sfugge il perché di questa entrée, ma pazienza. Poi, sulle note dell'aria di "il buono, il brutto e il cattivo", scritta da Morricone, finalmente entrano loro tre. Che poi sono 6, perché ci sono ben tre turnisti.
Comincia il vero concerto con "Know your Enemy" e la gente impazzisce. Neanche il tempo di sparare un "Buonasera, Monza" che Billie Joe inizia coi suoi "say yeeee-oooh" per far cantare il pubblico (e alla fine dello show se ne conteranno veramente troppi). Già durante la prima canzone una ragazza sale a cantare, e - finita la sua parte - viene praticamente spinta da BJA a fare stage diving.
E niente, il concerto dura due ore e mezza ed è tutto così: coinvolgimento del pubblico (ben tre saliranno sul palco a cantare/suonare), adrenalina a palla e musica a ritmo serrato, eccezion fatta per le ultime due canzoni "Ordinary World" e "Good Riddance (time of your life)" eseguite in acustico dal solo cantante.
Mentre torno a casa, penso che sicuramente è stato un concerto imperdibile. Ma soprattutto uno spettacolo, perché - se si può muovere una critica al trio californiano - tanto la musica è bella e coinvolgente, quanto loro rendono il tutto un baraccone composto di luci, suoni, esplosioni un po' sopra le righe. Mi sono divertito un sacco, per carità, ma andava bene anche una cosa un po' più contenuta.
16 giugno 2017
15 giugno 2017
dilemmi paterni - parte 1
Tre giorni fa c'è stato il saggio della scuola di danza di mia figlia Anita. La "Dancehouse" ha due tipi di corsi: danza classica e danza acrobatica, chiamata Kataklò, che poi è quella che pratica Anita da ormai 4/5 anni.
Per la prima volta in vita mia non mi sono annoiato a un saggio, perché lo spettacolo è stato veramente carino. Hanno rappresentato Mary Poppins, alternando i due stili di danza e consentendo ad ogni alunno, anche i più piccolini, di avere il proprio spazio su un palco notevole quale quello del Teatro Nuovo di Piazza San Babila, a Milano.
In tutto ciò, Anita interpretava uno degli spazzacamini nella scena del ballo sul tetto, calcando il palco per 4/5 minuti su un'ora e mezza di rappresentazione.
Ecco, proprio a causa dell'esiguo minutaggio, non mi sono premurato di invitare parenti e amici vari, perché parto sempre dal presupposto che non gliene possa fregare di meno e che magari si sentano obbligati a venire. Sia chiaro: alla fine dello show ero orgogliosissimo di mia figlia. Ma è mia figlia, non quella di altri. Quindi allo spettacolo eravamo Dalia, Elena e io.
Poi succede che finito il tutto andiamo a mangiare qualcosa lì vicino, insieme alla cuginetta, che faceva parte pure lei dello show, insieme ad Anita. E lì mi salta all'occhio la differenza. A vedere la cuginetta c'erano: i genitori, gli zii, una nonna, un'altra cugina, la migliore amica e la bellezza di 3 - dicasi tre - tate, di cui una con il fidanzato. Un rapporto di 3 (noi) a 11 (loro).
E io che mi sento sempre in difetto nei confronti del mondo ho subito pensato "vedi, se mia figlia non è abbastanza sicura di sé, è colpa mia che non ho valorizzato abbastanza la sua performance agli occhi degli altri". Anche perché dovevate vedere la scena: c'era questa tavolata lunga, con noi 4 relegati in un angolino, mentre la cugina era al centro del lato lungo e (sarò sicuramente io che ho una visione parziale delle cose) sembrava la vera star della serata, con tutti che le facevano i complimenti, eccetera.
A prescindere dal fatto che uno fa il cazzo che vuole e invita chi vuole allo spettacolo della figlia, mi chiedevo quale sia la linea che demarca la sicurezza di sé dall'egocentrismo. Quanto è giusto fomentare la sicurezza in se stessi e fino a che punto?
Visto che uno cerca sempre di migliorarsi e di non ripetere gli errori dei genitori (* su questa ci torno presto), cerco costantemente di capire come fare in modo che mia figlia non sia un'insicura, senza farle credere che è al centro del mondo, cosa che normalmente a 10 anni già credono di essere.
Per la prima volta in vita mia non mi sono annoiato a un saggio, perché lo spettacolo è stato veramente carino. Hanno rappresentato Mary Poppins, alternando i due stili di danza e consentendo ad ogni alunno, anche i più piccolini, di avere il proprio spazio su un palco notevole quale quello del Teatro Nuovo di Piazza San Babila, a Milano.
In tutto ciò, Anita interpretava uno degli spazzacamini nella scena del ballo sul tetto, calcando il palco per 4/5 minuti su un'ora e mezza di rappresentazione.
Ecco, proprio a causa dell'esiguo minutaggio, non mi sono premurato di invitare parenti e amici vari, perché parto sempre dal presupposto che non gliene possa fregare di meno e che magari si sentano obbligati a venire. Sia chiaro: alla fine dello show ero orgogliosissimo di mia figlia. Ma è mia figlia, non quella di altri. Quindi allo spettacolo eravamo Dalia, Elena e io.
Poi succede che finito il tutto andiamo a mangiare qualcosa lì vicino, insieme alla cuginetta, che faceva parte pure lei dello show, insieme ad Anita. E lì mi salta all'occhio la differenza. A vedere la cuginetta c'erano: i genitori, gli zii, una nonna, un'altra cugina, la migliore amica e la bellezza di 3 - dicasi tre - tate, di cui una con il fidanzato. Un rapporto di 3 (noi) a 11 (loro).
E io che mi sento sempre in difetto nei confronti del mondo ho subito pensato "vedi, se mia figlia non è abbastanza sicura di sé, è colpa mia che non ho valorizzato abbastanza la sua performance agli occhi degli altri". Anche perché dovevate vedere la scena: c'era questa tavolata lunga, con noi 4 relegati in un angolino, mentre la cugina era al centro del lato lungo e (sarò sicuramente io che ho una visione parziale delle cose) sembrava la vera star della serata, con tutti che le facevano i complimenti, eccetera.
A prescindere dal fatto che uno fa il cazzo che vuole e invita chi vuole allo spettacolo della figlia, mi chiedevo quale sia la linea che demarca la sicurezza di sé dall'egocentrismo. Quanto è giusto fomentare la sicurezza in se stessi e fino a che punto?
Visto che uno cerca sempre di migliorarsi e di non ripetere gli errori dei genitori (* su questa ci torno presto), cerco costantemente di capire come fare in modo che mia figlia non sia un'insicura, senza farle credere che è al centro del mondo, cosa che normalmente a 10 anni già credono di essere.
14 giugno 2017
di nuovo tibie
Ci sono voci che ti infastidiscono e voci che ti scaldano il cuore già dal primo ascolto.
Conosco un sacco di gente irritata dalla voce di Carmen Consoli, per esempio. Così come c'è una mia amica che non può ascoltare i Muse a causa del timbro vocale di Matt Bellamy.
Al contrario, io adoro James Mercer già dalla prima volta che ci siamo "incontrati". La sua vocina indie mi culla verso un mondo parallelo fatto di calma e piccole gioie. Musicista molto interessante e autore di liriche spesso ironiche, il buon James trova nei The Shins il suo megafono favorito, essendone il compositore e ormai anche l'unico produttore nel nuovo lavoro "Heartworms".
Il disco - come il precedente "Port of Morrow" - per alcuni versi risente delle influenze elettroniche che Mercer ha percorso con il suo amico Danger Mouse nel progetto Broken Bells, come per esempio in "Cherry Hearts", la mia traccia preferita, o in "Dead Alive", che sembra proprio un pezzo dei BB.
Dall'altro lato, invece, per le ballate, si adagia sulle sue radici indie folk, come in "Middlehall" o nella title track "Heartworms".
Nel complesso un disco bello bello, che mi accompagna quotidianamente ormai da un paio di mesi.
Conosco un sacco di gente irritata dalla voce di Carmen Consoli, per esempio. Così come c'è una mia amica che non può ascoltare i Muse a causa del timbro vocale di Matt Bellamy.
Al contrario, io adoro James Mercer già dalla prima volta che ci siamo "incontrati". La sua vocina indie mi culla verso un mondo parallelo fatto di calma e piccole gioie. Musicista molto interessante e autore di liriche spesso ironiche, il buon James trova nei The Shins il suo megafono favorito, essendone il compositore e ormai anche l'unico produttore nel nuovo lavoro "Heartworms".
Il disco - come il precedente "Port of Morrow" - per alcuni versi risente delle influenze elettroniche che Mercer ha percorso con il suo amico Danger Mouse nel progetto Broken Bells, come per esempio in "Cherry Hearts", la mia traccia preferita, o in "Dead Alive", che sembra proprio un pezzo dei BB.
Dall'altro lato, invece, per le ballate, si adagia sulle sue radici indie folk, come in "Middlehall" o nella title track "Heartworms".
Nel complesso un disco bello bello, che mi accompagna quotidianamente ormai da un paio di mesi.
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