15 giugno 2017

dilemmi paterni - parte 1

Tre giorni fa c'è stato il saggio della scuola di danza di mia figlia Anita. La "Dancehouse" ha due tipi di corsi: danza classica e danza acrobatica, chiamata Kataklò, che poi è quella che pratica Anita da ormai 4/5 anni.
Per la prima volta in vita mia non mi sono annoiato a un saggio, perché lo spettacolo è stato veramente carino. Hanno rappresentato Mary Poppins, alternando i due stili di danza e consentendo ad ogni alunno, anche i più piccolini, di avere il proprio spazio su un palco notevole quale quello del Teatro Nuovo di Piazza San Babila, a Milano.
In tutto ciò, Anita interpretava uno degli spazzacamini nella scena del ballo sul tetto, calcando il palco per 4/5 minuti su un'ora e mezza di rappresentazione.



Ecco, proprio a causa dell'esiguo minutaggio, non mi sono premurato di invitare parenti e amici vari, perché parto sempre dal presupposto che non gliene possa fregare di meno e che magari si sentano obbligati a venire. Sia chiaro: alla fine dello show ero orgogliosissimo di mia figlia. Ma è mia figlia, non quella di altri. Quindi allo spettacolo eravamo Dalia, Elena e io.

Poi succede che finito il tutto andiamo a mangiare qualcosa lì vicino, insieme alla cuginetta, che faceva parte pure lei dello show, insieme ad Anita. E lì mi salta all'occhio la differenza. A vedere la cuginetta c'erano: i genitori, gli zii, una nonna, un'altra cugina, la migliore amica e la bellezza di 3 - dicasi tre - tate, di cui una con il fidanzato. Un rapporto di 3 (noi) a 11 (loro).

E io che mi sento sempre in difetto nei confronti del mondo ho subito pensato "vedi, se mia figlia non è abbastanza sicura di sé, è colpa mia che non ho valorizzato abbastanza la sua performance agli occhi degli altri". Anche perché dovevate vedere la scena: c'era questa tavolata lunga, con noi 4 relegati in un angolino, mentre la cugina era al centro del lato lungo e (sarò sicuramente io che ho una visione parziale delle cose) sembrava la vera star della serata, con tutti che le facevano i complimenti, eccetera.

A prescindere dal fatto che uno fa il cazzo che vuole e invita chi vuole allo spettacolo della figlia, mi chiedevo quale sia la linea che demarca la sicurezza di sé dall'egocentrismo. Quanto è giusto fomentare la sicurezza in se stessi e fino a che punto?
Visto che uno cerca sempre di migliorarsi e di non ripetere gli errori dei genitori (* su questa ci torno presto), cerco costantemente di capire come fare in modo che mia figlia non sia un'insicura, senza farle credere che è al centro del mondo, cosa che normalmente a 10 anni già credono di essere.

Nessun commento: