La morte di Amy Winehouse mi ha lasciato basito. Non solo perché è sempre un peccato perdere una cantautrice dal grande talento musicale, ma anche per come è avvenuta.
Una morte d'altri tempi, potremmo dire; una sorta di autodistruzione.
Da che mi ricordo, il genio degli artisti è sempre andato di pari passo con gli eccessi e una condotta di vita sregolata. Perché? Qual è il nesso tra i due?
Forse un'eccessiva sensibilità? Probabilmente il fatto che queste persone riescano ad esprimere i loro sentimenti in maniera così coinvolgente è in realtà frutto di un'emotività fuori dal comune e di una vita sofferta.
Mi ricorderò sempre il mio caro amico Giorgio che una volta mi disse: "sai, Filippo, tu saresti un grande poeta, solo che non hai sofferto abbastanza". Un po' a dire che io la sensibilità ce l'ho, ma forse mi mancano le esperienze che ti danno la spinta a scrivere.
Fatto sta che Amy, con la sua meravigliosa voce, non c'è più. Condannata a rispettare la legge del 27, che vuole che alcuni grandi artisti terminino la propria vita a 27 anni. Lei come Janis Joplin (paragone doveroso), Jim Morrison, Jimy Hendrix o il mio amato Kurt Cobain.
Facendo mente locale, ricordo che anch'io a 27 anni ho avuto un periodo particolarmente burrascoso. Non che voglia dire che io ho le caratteristiche per essere una rockstar, eh!, intendiamoci. Pensavo che forse l'ultimo passaggio tra la tarda adolescenza e l'età adulta avviene proprio a quell'età e un rigurgito di ribellione e anticonformismo ci porta a fare cose un po' al limite.
C'è chi lo passa e chi ci rimane impigliato.
25 luglio 2011
22 luglio 2011
film a eliminazione diretta
Ieri sera sono andato al cinema all'aperto in Porta Venezia a vedere "The Tree of Life". Film (e regista) molto discusso, di quelli che spaccano spesso l'opinione a metà.
Intenditori di cinema e giurati gridano al capolavoro, mentre l'uomo comune tendenzialmente si rompe i coglioni durante la proiezione.
Per cultura genreale, decido di andarlo a vedere anch'io, che mi piace sì il cinema, ma di fronte a determinati film "pesanti" non esito a dichiarare apertamente se non c'ho capito niente o se l'ho trovato noioso.
Comunque, "La sottile linea rossa", unico film di Malick (regista in questione) che ho visto ad oggi mi era piaciuto assai, quindi mi avvio sereno verso il cinema.
Non sto a raccontarvi la trama, di cui potete trovare un'attenta e delicata recensione sul blog di Ale. Mi limito a dirvi che già fuori dal cinema c'era una coda insolita. Quasi penso di aver sbagliato film.
Al momento dell'inizio della proiezione, la sala è strapiena. Inizio a pensare che qualcun'altro abbia sbagliato film. E poi parte la pellicola. "E che c'è di male?", direte voi.
C'è che il film è veramente bello, ma parecchio pesante. Infatti dopo mezz'ora una coppia non ce la fa più, si alza e se ne va. Dopo due minuti tocca a una signora sola. Passano altri dieci minuti e un'altra coppia se ne va. Alla fine del primo tempo un altro gruppetto di gente si dirige verso l'uscita.
Vi giuro che sembrava uno strano gioco di cui io non sapevo le regole. Ma sinceramente: se vai a vedere un film di Malick - e all'Arianteo la gente non ci finisce per caso, tipo Multisala di Melzo il sabato sera - porca zozza, cosa ti aspettavi? E poi: già che sei stato dentro un'ora e 20 (tanto dura il primo tempo) non sei cuorioso di vedere come va a finire?
Non so voi, ma io non avevo mai visto qualcuno che uscisse prima da un cinema. Uno solo, forse. Magari per un attacco di maldipancia o perché aveva dimenticato il gas acceso. Ma un'uscita di massa così io non l'ho mai vista.
Per concludere: il film è una meraviglia per gli occhi. A mio modestissimo parere va sicuramente visto perché ti lascia con parecchie domande e spunti di riflessione interessanti.
Però forse, prima di entrare, è meglio se vi bevete un paio di caffè.
Intenditori di cinema e giurati gridano al capolavoro, mentre l'uomo comune tendenzialmente si rompe i coglioni durante la proiezione.
Per cultura genreale, decido di andarlo a vedere anch'io, che mi piace sì il cinema, ma di fronte a determinati film "pesanti" non esito a dichiarare apertamente se non c'ho capito niente o se l'ho trovato noioso.
Comunque, "La sottile linea rossa", unico film di Malick (regista in questione) che ho visto ad oggi mi era piaciuto assai, quindi mi avvio sereno verso il cinema.
Non sto a raccontarvi la trama, di cui potete trovare un'attenta e delicata recensione sul blog di Ale. Mi limito a dirvi che già fuori dal cinema c'era una coda insolita. Quasi penso di aver sbagliato film.
Al momento dell'inizio della proiezione, la sala è strapiena. Inizio a pensare che qualcun'altro abbia sbagliato film. E poi parte la pellicola. "E che c'è di male?", direte voi.
C'è che il film è veramente bello, ma parecchio pesante. Infatti dopo mezz'ora una coppia non ce la fa più, si alza e se ne va. Dopo due minuti tocca a una signora sola. Passano altri dieci minuti e un'altra coppia se ne va. Alla fine del primo tempo un altro gruppetto di gente si dirige verso l'uscita.
Vi giuro che sembrava uno strano gioco di cui io non sapevo le regole. Ma sinceramente: se vai a vedere un film di Malick - e all'Arianteo la gente non ci finisce per caso, tipo Multisala di Melzo il sabato sera - porca zozza, cosa ti aspettavi? E poi: già che sei stato dentro un'ora e 20 (tanto dura il primo tempo) non sei cuorioso di vedere come va a finire?
Non so voi, ma io non avevo mai visto qualcuno che uscisse prima da un cinema. Uno solo, forse. Magari per un attacco di maldipancia o perché aveva dimenticato il gas acceso. Ma un'uscita di massa così io non l'ho mai vista.
Per concludere: il film è una meraviglia per gli occhi. A mio modestissimo parere va sicuramente visto perché ti lascia con parecchie domande e spunti di riflessione interessanti.
Però forse, prima di entrare, è meglio se vi bevete un paio di caffè.
21 luglio 2011
la tipa Smart
A Milano le fighe di legno hanno la Smart. Non tutte, è vero.
Però è spesso vero che se una ragazza possiede una Smart è una figa di legno.
Atteggiamento scocciato, la tipa Smart parla costantemente al telefono. Fin da quando si avvicina alla macchina, con la borsa nell'incavo del gomito e la mano sporgente, imperterrita continua mentre guida, incurante del fatto che la legge lo vieti.
Classificazione: molto pericolosa.
Accessorio d'obbligo: l'iPhone Apple con cover bianca.
Stile di Guida: svagato. Non mette mai le frecce e talvolta le mette sbagliate. Se non conosce la direzione esatta, è capace di fermarsi in mezzo alla strada senza nessun preavviso.
Espressioni facciale: annoiata.
Reazioni: sempre stupita di fronte alle persone che la mandano (giustamente) a spigolare, vista la sua condotta di guida. Non capisce perché tutto il mondo non ruoti intorno a lei.
Upgrade: nessuno.
Però è spesso vero che se una ragazza possiede una Smart è una figa di legno.
Atteggiamento scocciato, la tipa Smart parla costantemente al telefono. Fin da quando si avvicina alla macchina, con la borsa nell'incavo del gomito e la mano sporgente, imperterrita continua mentre guida, incurante del fatto che la legge lo vieti.
Classificazione: molto pericolosa.
Accessorio d'obbligo: l'iPhone Apple con cover bianca.
Stile di Guida: svagato. Non mette mai le frecce e talvolta le mette sbagliate. Se non conosce la direzione esatta, è capace di fermarsi in mezzo alla strada senza nessun preavviso.
Espressioni facciale: annoiata.
Reazioni: sempre stupita di fronte alle persone che la mandano (giustamente) a spigolare, vista la sua condotta di guida. Non capisce perché tutto il mondo non ruoti intorno a lei.
Upgrade: nessuno.
20 luglio 2011
nostalgia vampiresca
Anche senza i suoi Bauhaus, Peter Murphy è vivo. Vivo e vegeto, direi, visto che ha appena sfornato il suo nono ("Ninth", appunto) disco solista.
Come fare a descrivere un album così? Posso sicuramente dire che si tratta di un disco che trasuda esperienza vissuta ad ogni traccia. È tutto reale, vero, sentito, intimista.
Ed è straordinariamente rock. Un rock con diverse influenze, tutte attinenti alla storia personale di Mr Murphy. C'è dentro del glam-rock, della new wave, del post-punk e quant'altro ancora. Il tutto tenuto insieme dalla sua magnifica voce.
Insomma, è roba per dinosauri, ma si tratta di roba buona.
Come fare a descrivere un album così? Posso sicuramente dire che si tratta di un disco che trasuda esperienza vissuta ad ogni traccia. È tutto reale, vero, sentito, intimista.
Ed è straordinariamente rock. Un rock con diverse influenze, tutte attinenti alla storia personale di Mr Murphy. C'è dentro del glam-rock, della new wave, del post-punk e quant'altro ancora. Il tutto tenuto insieme dalla sua magnifica voce.
Insomma, è roba per dinosauri, ma si tratta di roba buona.
19 luglio 2011
mostri
I Battles sono dei mostri. Dei mostri di bravura, s'intende. Nonostante la dipartita di Tyondai Braxton, forse l'elemento più talentuoso della formazione iniziale, anche il loro secondo disco, "Gloss Drop", è di una bellezza sconvolgente.
Chiariamoci: è musica per chi si intende di musica. Ma con questo non è che voglio tirarmela, dicendo che io lo posso ascoltare e voi no. Lo dico perché, se qualcuno non li conoscesse, è giusto avvisare che non stiamo parlando di musica easy listening.
I Battles, sono dei mostri di bravura e nei loro dischi questa cosa si fa sentire. Per orecchie non avvezze a visrtuosismi vari potrebbero sembrare persino indigesti. Io per esempio ho avuto un po' di difficoltà con la loro opera prima, "Mirrored".
Con questo seconda uscita non ho ancora capito se sono io che mi sono abituato alle loro sonorità o se sono loro che, a detta di molti, hanno fatto un disco più "facile", quasi allegro.
Fatto sta che "Gloss Drop" è una meraviglia per le orecchie.
Chiariamoci: è musica per chi si intende di musica. Ma con questo non è che voglio tirarmela, dicendo che io lo posso ascoltare e voi no. Lo dico perché, se qualcuno non li conoscesse, è giusto avvisare che non stiamo parlando di musica easy listening.
I Battles, sono dei mostri di bravura e nei loro dischi questa cosa si fa sentire. Per orecchie non avvezze a visrtuosismi vari potrebbero sembrare persino indigesti. Io per esempio ho avuto un po' di difficoltà con la loro opera prima, "Mirrored".
Con questo seconda uscita non ho ancora capito se sono io che mi sono abituato alle loro sonorità o se sono loro che, a detta di molti, hanno fatto un disco più "facile", quasi allegro.
Fatto sta che "Gloss Drop" è una meraviglia per le orecchie.
17 luglio 2011
dei bimbi e della loro educazione
Chi era bambino negli anni 70 si ricorda sicuramente di quei poster orribili che raffiguravano scimmie intente a fare cose tipicamente "umane". Tipo scimmia in giacca e cravatta che si atteggia da broker; scimmia vestita come Humprey Bogart, seduta dietro una scrivania da detective, ecc. A me (complice la mia passione per il calcio) ne avevano regalato uno con una scimmia vestita da arbitro che sventolava un cartellino rosso.
Ecco, non fosse stato sufficiente l'aggettivo "orribili" nella prima frase, a me quei poster mi hanno sempre fatto schifo. Ma più che schifo forse dovrei dire che mi facevano pena quelle povere scimmie così conciate. Intente a fare qualcosa che sicuramente non era nei loro desideri.
Facciamo un salto spaziotemporale e arriviamo allo stadio di San Siro, 3 anni fa. Concerto di Springsteen. Stadio gremito, io, insieme all'amico Monty, in mezzo al pubblico, a cantare e scherzare.
A un certo punto mi cade l'occhio su un tizio che porta sulle spalle un bambino (presumibilmente suo figlio) di 3/4 anni, non di più. Mi scende la mandibola a terra e rimango a bocca aperta.
E mi domando: ma chi può essere così imbecille da portarsi un bambino così piccolo a un concerto del genere?
Riformulando la domanda: oh tu, genitore incosciente, perché devi sottoporre tuo figlio a un tale bombardamento di decibel e tenerlo in mezzo a una bolgia fino a mezzanotte, peraltro, per vedere una cosa di cui si ricorderà poco o - più probabilmente - nulla?
Le risposte che mi sono venute in mente sono due:
1 - (poco probabile) tuo figlio ti ha chiesto di portarlo a un concerto e tu l'hai portato proprio a quello. Il che significa che: la natura ti ha dotato di intelligenza scarsa. Punto e a capo.
2 - (purtroppo più probabile) hai voluto "fare il pazzesco" (come si dice a Genova) e portare tuo figlio a vedere un concerto del tuo cantante preferito per poi poter dire agli amici "ma sai che ho portato mio figlio al concerto del Boss?"
Il che significa che: non pensi al bene di tuo figlio; pensi solo al tuo interesse personale e lo tratti come tratteresti una scimmia ammaestrata.
Ma tutto questo per dire che cosa?
Recentemente stavo discutendo con alcuni amici su cosa sia giusto insegnare o non insegnare ai bambini. In queste discussioni faccio sempre la figura dell'integralista islamico o, forse peggio, di quello che vuole i figli perfetti che dicono sempre "sissisgnore".
In realtà non è così. Molto più semplicemente rimango perplesso di fronte ad alcuni genitori che usano i figli come una cosa da mostrare e gli impongono quelle che secondo me sono delle forzature: dalla maglietta del Milan fatta indossare al bambino di tre mesi (giuro!, visto ieri) al fare ascoltare le canzoni/sinfonia dei Genesis (anche questa è vera, giuro bis!) per poi potersi vantare dicendo che "sai, i miei figli ascoltano Selling England by the Pound".
Ultimo esempio (giuro tris!) bambini che vengono trattati come adulti e che si pretende da loro - appunto - un atteggiamento da adulti.
Per carità, non sono cose gravi. Lo so che c'è di peggio. Ma una cosa che mi lascia perplesso è l'uso (sì, proprio "l'uso") che i genitori fanno dei propri figli.
Ma che è? Siete così frustrati da riporre nei vostri figli così tante aspettative?
Ma ci pensate al loro bene?
Non sono certo un genitore perfetto, ma cerco sempre di agire con razionalità e mosso soprattutto dal sacro fuoco del buonsenso. Quello che manca a tanta gente. Ma tanta, eh!
Ecco, non fosse stato sufficiente l'aggettivo "orribili" nella prima frase, a me quei poster mi hanno sempre fatto schifo. Ma più che schifo forse dovrei dire che mi facevano pena quelle povere scimmie così conciate. Intente a fare qualcosa che sicuramente non era nei loro desideri.
Facciamo un salto spaziotemporale e arriviamo allo stadio di San Siro, 3 anni fa. Concerto di Springsteen. Stadio gremito, io, insieme all'amico Monty, in mezzo al pubblico, a cantare e scherzare.
A un certo punto mi cade l'occhio su un tizio che porta sulle spalle un bambino (presumibilmente suo figlio) di 3/4 anni, non di più. Mi scende la mandibola a terra e rimango a bocca aperta.
E mi domando: ma chi può essere così imbecille da portarsi un bambino così piccolo a un concerto del genere?
Riformulando la domanda: oh tu, genitore incosciente, perché devi sottoporre tuo figlio a un tale bombardamento di decibel e tenerlo in mezzo a una bolgia fino a mezzanotte, peraltro, per vedere una cosa di cui si ricorderà poco o - più probabilmente - nulla?
Le risposte che mi sono venute in mente sono due:
1 - (poco probabile) tuo figlio ti ha chiesto di portarlo a un concerto e tu l'hai portato proprio a quello. Il che significa che: la natura ti ha dotato di intelligenza scarsa. Punto e a capo.
2 - (purtroppo più probabile) hai voluto "fare il pazzesco" (come si dice a Genova) e portare tuo figlio a vedere un concerto del tuo cantante preferito per poi poter dire agli amici "ma sai che ho portato mio figlio al concerto del Boss?"
Il che significa che: non pensi al bene di tuo figlio; pensi solo al tuo interesse personale e lo tratti come tratteresti una scimmia ammaestrata.
Ma tutto questo per dire che cosa?
Recentemente stavo discutendo con alcuni amici su cosa sia giusto insegnare o non insegnare ai bambini. In queste discussioni faccio sempre la figura dell'integralista islamico o, forse peggio, di quello che vuole i figli perfetti che dicono sempre "sissisgnore".
In realtà non è così. Molto più semplicemente rimango perplesso di fronte ad alcuni genitori che usano i figli come una cosa da mostrare e gli impongono quelle che secondo me sono delle forzature: dalla maglietta del Milan fatta indossare al bambino di tre mesi (giuro!, visto ieri) al fare ascoltare le canzoni/sinfonia dei Genesis (anche questa è vera, giuro bis!) per poi potersi vantare dicendo che "sai, i miei figli ascoltano Selling England by the Pound".
Ultimo esempio (giuro tris!) bambini che vengono trattati come adulti e che si pretende da loro - appunto - un atteggiamento da adulti.
Per carità, non sono cose gravi. Lo so che c'è di peggio. Ma una cosa che mi lascia perplesso è l'uso (sì, proprio "l'uso") che i genitori fanno dei propri figli.
Ma che è? Siete così frustrati da riporre nei vostri figli così tante aspettative?
Ma ci pensate al loro bene?
Non sono certo un genitore perfetto, ma cerco sempre di agire con razionalità e mosso soprattutto dal sacro fuoco del buonsenso. Quello che manca a tanta gente. Ma tanta, eh!
15 luglio 2011
anice
Ho appena finito di leggere il post di Angelo sul mistero che attanaglia i fan del ghiacciolo all'anice: perché nei cartoni da 50 ghiaccioli che riforniscono i bar ce ne sono solo due all'anice?
Beh, posso assicurare che è così: ce ne sono veramente due di numero. Chi mi conosce da tempo sa che, in età da liceo, ho più volte fatto il barista (o un altro tra i tanti mestieri stagionali) per guadagnarmi quattro lire, come molti ragazzi di Celle Ligure fanno.
E quando mi capitava di fare il "cambio di cartone" dei ghiaccioli nel frigo, ovvero quel momento in cui ne rimangono meno di dieci e devi aprire un'altra confezione, mi capitava sovente che i due ghiaccioli all'anice fossero ancora lì, intonsi e incuranti del mondo circostante.
Ed essendo io una persona molto ligia al dovere, che non si è mai sognata di sottrarre con l'inganno nulla a nessun datore di lavoro, mi sentivo in pace con me stesso se, in un momento di pausa, mi mangiavo un ghiacciolo all'anice.
Il piacere personale si intersecava con una strana forma di ordine mondiale per cui dovevo rimettere in pari l'equilibrio dei ghiaccioli presenti nel frigo.
Beh, che ci crediate o no, al tempo non impazzivo per il ghiacciolo all'anice. Ma da allora non desidero altro gusto.
Beh, posso assicurare che è così: ce ne sono veramente due di numero. Chi mi conosce da tempo sa che, in età da liceo, ho più volte fatto il barista (o un altro tra i tanti mestieri stagionali) per guadagnarmi quattro lire, come molti ragazzi di Celle Ligure fanno.
E quando mi capitava di fare il "cambio di cartone" dei ghiaccioli nel frigo, ovvero quel momento in cui ne rimangono meno di dieci e devi aprire un'altra confezione, mi capitava sovente che i due ghiaccioli all'anice fossero ancora lì, intonsi e incuranti del mondo circostante.
Ed essendo io una persona molto ligia al dovere, che non si è mai sognata di sottrarre con l'inganno nulla a nessun datore di lavoro, mi sentivo in pace con me stesso se, in un momento di pausa, mi mangiavo un ghiacciolo all'anice.
Il piacere personale si intersecava con una strana forma di ordine mondiale per cui dovevo rimettere in pari l'equilibrio dei ghiaccioli presenti nel frigo.
Beh, che ci crediate o no, al tempo non impazzivo per il ghiacciolo all'anice. Ma da allora non desidero altro gusto.
08 luglio 2011
aspettando un segno
Non che io sia appassionato di gossip, però si chiacchierava con gli amici dinosauri della separazione di Ben Harper da Laura Dern come di una speranza di risentire lo zio Ben tornare ai vecchi fasti che tanto ce lo avevano fatto amare.
Tornare ad ascoltare canzoni emotivamente forti come "Roses from my friends" è pretendere troppo, però ci si spera sempre.
Pensavamo che fosse uno come noi, bollito dietro ad una donna che gli ha fatto perdere il senno. Una cosa che può capitare a chiunque.
Insomma, Ben, dacci un cenno. Facci capire che hai avuto una brutta parentesi da dopo il "Live from Mars", ma che adesso ti sei risvegliato.
Beh, dispiace deludervi, ma non è così. È come succede da un po' di anni a questa parte, ovvero che il disco in se' non è neanche brutto. Ma di "Glory and Consequence", manco mezza. Di "Ground on down" manco l'ombra.
E, ironia della sorte, una delle poche canzoni che si salvano, si chiama "Waiting on a Sign". Che fai, Ben, ci pigghi pure pou culu?
Tornare ad ascoltare canzoni emotivamente forti come "Roses from my friends" è pretendere troppo, però ci si spera sempre.
Pensavamo che fosse uno come noi, bollito dietro ad una donna che gli ha fatto perdere il senno. Una cosa che può capitare a chiunque.
Insomma, Ben, dacci un cenno. Facci capire che hai avuto una brutta parentesi da dopo il "Live from Mars", ma che adesso ti sei risvegliato.
Beh, dispiace deludervi, ma non è così. È come succede da un po' di anni a questa parte, ovvero che il disco in se' non è neanche brutto. Ma di "Glory and Consequence", manco mezza. Di "Ground on down" manco l'ombra.
E, ironia della sorte, una delle poche canzoni che si salvano, si chiama "Waiting on a Sign". Che fai, Ben, ci pigghi pure pou culu?
07 luglio 2011
nei tuoi panni
È incredibile: le persone che dicono "mettiti nei miei panni" sono quelle che di solito si mettono meno nei panni degli altri.
Fateci caso.
Fateci caso.
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