Ho passato una domenica abbastanza da incubo. Dalia si è svegliata con la febbre, raggiungendo Elena nelle debilitazioni di famiglia (anche lei febbre). E fin qui, vabbè.
Alle 10 mi telefona mia sorella Marta, un po' concitata, dicendomi "stiamo ricoverando papà, ha tachicardia e pressione altissima". Se pensate che ce ne sia abbastanza, vi sbagliate perché il peggio deve ancora venire.
Alle 14,00 mi chiama mio cognato Dauno e mi dice "ti va di andare a fare un giretto al Pronto Soccorso oftalmico?". E quello che poteva sembrare un piccolo controllo di sicurezza è diventata una degenza ospedaliera.
Per farla breve gli hanno trovato una trombosi a una vena oculare. Una cosa difficlmente reversibile e che rischia di compromettergli la vista per il resto della vita. Dopo tutti gli accertamenti e le visite del caso, siamo riusciti ad avere una prima diagnosi verso le 23,30. E la dottoressa è stata drastica: questo ragazzo deve smettere di fumare e fare una vita più sana.
Per chi non lo conoscesse, Dauno non è mica uno che fa una vita sregolata tipo il nostro premier. Semplicemente fuma 3 pacchetti di sigarette al giorno, beve una dozzina di caffè quotidianamente e mangia sempre di merda: panini, pizza, kebab, surgelati, ecc.
Insomma, è un paio di giorni che mi sento in costante contatto con la fragilità umana, compresa la mia. E come tutte le volte che mi confronto con "le cose che contano" tutto quello che mi circonda mi sembra un enorme baraccone inutile. Gente che parla a vanvera. Clienti che si fossilizzano su dettagli di nessuna importanza. Frotte di retorica. Vagonate di luoghi comuni, di frasi fatte e di convenevoli.
Ma perché abbiamo bisogno di tutto ciò?
Vorrei solo un po' di silenzio.
2 commenti:
Hai tutta la mia comprensione...
...e la mia.
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