Se ne va il 2009, che ci ha dato tantissimo.
Soprattutto è stato l'anno di Elena.
Ma non solo. Speriamo il 2010 sia altrettanto bello.
Auguri a quei 4 gatti che leggono 'sto blog.
31 dicembre 2009
25 dicembre 2009
a christmas carol
Alla faccia dell'indipendenza.
Ieri pomeriggio Elena, a un cert punto, si è messa a gattonare.
Pensavo fosse già una bella novità, per il nostro Natale.
E invece stamattina, nel box, si è alzata i piedi da sola, appoggiandosi al bordo del box.
Beh, son soddisfazioni.
Ora partiamo per Celle.
A presto.
Ieri pomeriggio Elena, a un cert punto, si è messa a gattonare.
Pensavo fosse già una bella novità, per il nostro Natale.
E invece stamattina, nel box, si è alzata i piedi da sola, appoggiandosi al bordo del box.
Beh, son soddisfazioni.
Ora partiamo per Celle.
A presto.
20 dicembre 2009
shopping natalizio
Com'è bello vivere il Natale con la famiglia, le figlie.
Uscire nell'aria frizzantina di dicembre e in macchina tutti insieme percorrere le vie illuminate per poi andare nei negozi di giocattoli, dove le bimbe vedono i giochi e li scelgono, con te che dici "se sarai brava, Babbo Natale magari te lo porterà" e mentre lo dici incontri lo sguardo complice di tua moglie che ti sorride.
E pensi a come tutto ciò sia magico.
See.
Ci avete creduto?
Forse questo succede in altre famiglie. Nella mia no di certo.
A casa nostra la situazione è la seguente: Elena ha un raffreddore fotonico, con tanto di naso chiuso e di conseguenza notti un po' insonni; Anita è convalescente e con la tassativa imposizione di non uscire; Dalia costretta a casa con le bimbe.
E io?
Sfreccio con il mio motorino tra le file di macchine clacsonanti; bestemmio come un turco per il freddo polare; entro come un Terminator nei negozi di giocattoli, sapendo già cosa devo comprare; sgomito tra gli scaffali e mi precipito alle casse; dopodiché, carico come un mulo, passo al prossimo obiettivo.
Entra e esci. Entra e esci.
A un certo momento mi stavo avviando verso casa con:
3 regali nel bauletto del motorino; 2 nello zaino; altri 2 tra le gambe, appoggiati sulla predellina poggiapiedi; e uno voluminoso stretto tra la mia schiena e il bauletto, che mentre guidavo lo spingevo con la schiena per non farlo cadere.
Il tutto mentre fuori ci sono -4 gradi.
No, dico: un martire.
Uscire nell'aria frizzantina di dicembre e in macchina tutti insieme percorrere le vie illuminate per poi andare nei negozi di giocattoli, dove le bimbe vedono i giochi e li scelgono, con te che dici "se sarai brava, Babbo Natale magari te lo porterà" e mentre lo dici incontri lo sguardo complice di tua moglie che ti sorride.
E pensi a come tutto ciò sia magico.
See.
Ci avete creduto?
Forse questo succede in altre famiglie. Nella mia no di certo.
A casa nostra la situazione è la seguente: Elena ha un raffreddore fotonico, con tanto di naso chiuso e di conseguenza notti un po' insonni; Anita è convalescente e con la tassativa imposizione di non uscire; Dalia costretta a casa con le bimbe.
E io?
Sfreccio con il mio motorino tra le file di macchine clacsonanti; bestemmio come un turco per il freddo polare; entro come un Terminator nei negozi di giocattoli, sapendo già cosa devo comprare; sgomito tra gli scaffali e mi precipito alle casse; dopodiché, carico come un mulo, passo al prossimo obiettivo.
Entra e esci. Entra e esci.
A un certo momento mi stavo avviando verso casa con:
3 regali nel bauletto del motorino; 2 nello zaino; altri 2 tra le gambe, appoggiati sulla predellina poggiapiedi; e uno voluminoso stretto tra la mia schiena e il bauletto, che mentre guidavo lo spingevo con la schiena per non farlo cadere.
Il tutto mentre fuori ci sono -4 gradi.
No, dico: un martire.
17 dicembre 2009
complimenti
Siamo ancora in ospedale.
Giurano che domani ci fanno uscire. Io ormai non ci credo più, ma in cuor mio spero che sia veramente l'ultima notte che passiamo qui.
Ma veniamo a noi. O meglio a me e Anita, che in questi giorni di ospedale mi sembra che ci siamo legati molto l'uno all'altro; più dell'ordinario rapporto padre-figlia, intendo.
Ho ormai la barba lunga e chiedo ad Anita:
"Ti piace papà con la barba lunga? Me la taglio o la lascio lunga?"
"Tagliala" dice lei
"Perché?" le chiedo
"Perché sennò somigli a babbo natale. Hai anche la pancia come babbo natale."
Neanche il tempo di riprendermi da questo shock, che aggiunge:
"E hai il naso lungo come quello di Pinocchio"
minchia!
Giurano che domani ci fanno uscire. Io ormai non ci credo più, ma in cuor mio spero che sia veramente l'ultima notte che passiamo qui.
Ma veniamo a noi. O meglio a me e Anita, che in questi giorni di ospedale mi sembra che ci siamo legati molto l'uno all'altro; più dell'ordinario rapporto padre-figlia, intendo.
Ho ormai la barba lunga e chiedo ad Anita:
"Ti piace papà con la barba lunga? Me la taglio o la lascio lunga?"
"Tagliala" dice lei
"Perché?" le chiedo
"Perché sennò somigli a babbo natale. Hai anche la pancia come babbo natale."
Neanche il tempo di riprendermi da questo shock, che aggiunge:
"E hai il naso lungo come quello di Pinocchio"
minchia!
16 dicembre 2009
Greetings from San Carlo Hospital
Si dovrebbe concludere con questa notte una simpatica degenza di 3 giorni e 3 notti presso il reparto pediatrico dell'ospedale San Carlo Borromeo di Milano.
Siamo stati catapultati in questa realtà parallela a causa di una febbre altissima e di una sorta di orticaria che ha colpito Anita nel weekend scorso.
Dal Pronto Soccorso ci hanno spedito direttamente in questo ospedale perché sembra che fosse l'unico con posti letto disponibili in Pediatria.
Avendo Elena piccola e ancora allattata al seno, per ovvie ragioni il genitore "accompagnatore" sono stato io.
Dalia è venuta di mattina a darmi il cambio, in modo che io potessi fare colazione, farmi una doccia, eccetera. Il tutto con l'ausilio della zia Paola, nel non secondario ruolo di babysitter per Elena (e da stasera ci ha raggiunto pure la nonna).
La situazione si è rivelata assai pesante, soprattutto per le continue richieste e gli esami a cui Anita è stata sottoposta: il fatto che la mattina ci svegliasse un'infermiera per misurare la temperatura; che subito dopo un'altra ci portasse il vasetto per l'esame delle urine; che un'altra ancora ci venisse a somministrare un farmaco; e che dopo mezz'ora dovessi portare Anita a fare delle analisi; insomma tutte queste continue "richieste" hanno fatto sì che Anita praticamente iniziasse a piangere ogni volta che entrava qualcuno in stanza. Foss'anche solo per portare la colazione.
Adesso, se dio vuole, sembra tutto a posto. Finalmente i dottori hanno trovato risposta ai loro quesiti e, soprattutto, Anita non ha più la febbre e l'orticaria se ne sta andando.
Domattina ci dovrebbero dimettere. Speremm.
Parlavo all'inizio di realtà parallela non a caso. Il reparto pediatrico di un ospedale è veramente un mondo a se'. Fatto di persone straordinarie (dottori, infermiere, volontari) e di situazioni assurde, di quelle da farti maledire qualsiasi cosa o persona dal creatore in giù; basta poter avere qualcuno con cui prendersela.
Non voglio raccontarvi episodi strappalacrime o casi umani che vi facciano rimanere a bocca aperta, anche perché sono stati giorni "tranquilli", se capite quello che vi voglio dire.
Semplicemente: vedere l'innocenza dei bimbi a contatto con certe cose ti lascia veramente da pensare. Soprattutto per come reagiscono positivamente proprio loro, nonostante le difficoltà. Anche se, va sottolineato, tu sei il loro filtro e quindi, se perdi la speranza o il buonumore tu, tutto ciò si ritorce direttamente su di loro. Ma se riesci a mantenere il sorriso e a farli giocare... beh... ti ritorna tutto centuplicato.
Adesso vado in bagno e poi a dormire, dopo un'intensissima giornata.
E perdonatemi se, mentre percorro i corridoi silenziosi e semibui, mi viene da fischiettare il tema di Kill Bill (quello di Daryl Hannah finta infermiera); d'altronde la demenza è l'ultima a morire. In me, se non altro.
in foto: il nostro "residence", per questi giorni.
Siamo stati catapultati in questa realtà parallela a causa di una febbre altissima e di una sorta di orticaria che ha colpito Anita nel weekend scorso.
Dal Pronto Soccorso ci hanno spedito direttamente in questo ospedale perché sembra che fosse l'unico con posti letto disponibili in Pediatria.
Avendo Elena piccola e ancora allattata al seno, per ovvie ragioni il genitore "accompagnatore" sono stato io.
Dalia è venuta di mattina a darmi il cambio, in modo che io potessi fare colazione, farmi una doccia, eccetera. Il tutto con l'ausilio della zia Paola, nel non secondario ruolo di babysitter per Elena (e da stasera ci ha raggiunto pure la nonna).
La situazione si è rivelata assai pesante, soprattutto per le continue richieste e gli esami a cui Anita è stata sottoposta: il fatto che la mattina ci svegliasse un'infermiera per misurare la temperatura; che subito dopo un'altra ci portasse il vasetto per l'esame delle urine; che un'altra ancora ci venisse a somministrare un farmaco; e che dopo mezz'ora dovessi portare Anita a fare delle analisi; insomma tutte queste continue "richieste" hanno fatto sì che Anita praticamente iniziasse a piangere ogni volta che entrava qualcuno in stanza. Foss'anche solo per portare la colazione.
Adesso, se dio vuole, sembra tutto a posto. Finalmente i dottori hanno trovato risposta ai loro quesiti e, soprattutto, Anita non ha più la febbre e l'orticaria se ne sta andando.
Domattina ci dovrebbero dimettere. Speremm.
Parlavo all'inizio di realtà parallela non a caso. Il reparto pediatrico di un ospedale è veramente un mondo a se'. Fatto di persone straordinarie (dottori, infermiere, volontari) e di situazioni assurde, di quelle da farti maledire qualsiasi cosa o persona dal creatore in giù; basta poter avere qualcuno con cui prendersela.
Non voglio raccontarvi episodi strappalacrime o casi umani che vi facciano rimanere a bocca aperta, anche perché sono stati giorni "tranquilli", se capite quello che vi voglio dire.
Semplicemente: vedere l'innocenza dei bimbi a contatto con certe cose ti lascia veramente da pensare. Soprattutto per come reagiscono positivamente proprio loro, nonostante le difficoltà. Anche se, va sottolineato, tu sei il loro filtro e quindi, se perdi la speranza o il buonumore tu, tutto ciò si ritorce direttamente su di loro. Ma se riesci a mantenere il sorriso e a farli giocare... beh... ti ritorna tutto centuplicato.
Adesso vado in bagno e poi a dormire, dopo un'intensissima giornata.
E perdonatemi se, mentre percorro i corridoi silenziosi e semibui, mi viene da fischiettare il tema di Kill Bill (quello di Daryl Hannah finta infermiera); d'altronde la demenza è l'ultima a morire. In me, se non altro.
in foto: il nostro "residence", per questi giorni.
11 dicembre 2009
che cosa manca?
risposta: i legittimi proprietari del letto.
secondo quesito: che cosa c'è in più?
la risposta è difficle, eh!
03 dicembre 2009
molti libri, poco tempo
Ho un cliente che sta in Corso Buenos Aires, esattamente nello stesso stabile della libreria "Feltrinelli".
E lì dentro c'è come una calamita che mi attira.
Una calamita fatta di libri e di dischi, quindi bella potente.
Oggi a differenza di altre volte non ho resistito e sono entrato.
E come tutte le volte che entro, non riesco a uscirne a mani vuote.
Ho comprato l'ultimo libro di Ammaniti, l'ultimo di Hornby e "Venere privata", primo di una serie di 4 libri di Scerbanenco.
La domanda è sempre la stessa: troverò mai il tempo di leggere tutti 'sti libri?
Temo proprio di no.
Almeno nell'immediato.
E lì dentro c'è come una calamita che mi attira.
Una calamita fatta di libri e di dischi, quindi bella potente.
Oggi a differenza di altre volte non ho resistito e sono entrato.
E come tutte le volte che entro, non riesco a uscirne a mani vuote.
Ho comprato l'ultimo libro di Ammaniti, l'ultimo di Hornby e "Venere privata", primo di una serie di 4 libri di Scerbanenco.
La domanda è sempre la stessa: troverò mai il tempo di leggere tutti 'sti libri?
Temo proprio di no.
Almeno nell'immediato.
02 dicembre 2009
Xmas time
Da stasera in casa nostra si respira aria natalizia.
Sono scappato dall'ufficio presto (alle 18,30! c'è gente che è già a casa a quell'ora; io invece mi sentivo quasi in ferie) e sono andato in cantina a prendere l'albero e altre scatole con accessori vari.
Nonostante Anita insistesse per aiutarci nell'appendere le palline ed Elena che tentava di mangiarsi i rami dell'albero, la prima serata di addobbi è filata liscia.
C'è poco da fare: da quando ho una famiglia il Natale e la sua preparazione assumono tutta un'altra valenza. Un'aura di magia.
Sono scappato dall'ufficio presto (alle 18,30! c'è gente che è già a casa a quell'ora; io invece mi sentivo quasi in ferie) e sono andato in cantina a prendere l'albero e altre scatole con accessori vari.
Nonostante Anita insistesse per aiutarci nell'appendere le palline ed Elena che tentava di mangiarsi i rami dell'albero, la prima serata di addobbi è filata liscia.
C'è poco da fare: da quando ho una famiglia il Natale e la sua preparazione assumono tutta un'altra valenza. Un'aura di magia.
30 novembre 2009
25 novembre 2009
tecnologia
Giornate di grande lavoro. Il delirio pre-natalizio quest'anno è cominciato prima.
Non ho il tempo per fare niente. Mi manca soprattutto quello da dedicare alla famiglia.
Per fortuna la tecnologia mi aiuta: ho installato Skype anche a casa, così ci possiamo videochiamare.
Serve a me per vedere le mie figlie ancora sveglie.
E soprattutto serve a loro per ricordarsi che faccia ha il papà.
Non ho il tempo per fare niente. Mi manca soprattutto quello da dedicare alla famiglia.
Per fortuna la tecnologia mi aiuta: ho installato Skype anche a casa, così ci possiamo videochiamare.
Serve a me per vedere le mie figlie ancora sveglie.
E soprattutto serve a loro per ricordarsi che faccia ha il papà.
10 novembre 2009
vuoto
È un periodo a dir poco intenso.
Il sunto è: lavoro tanto e dormo poco. Ma le due cose non sono correlate tra loro.
Cioè: non è che dormo poco perché torno a casa a chissà che ora dall'ufficio.
Forse c'entrano i pensieri e la tensione dei mille lavori da gestire simultaneamente, quello sì, potrebbe essere.
Ma d'altronde le gioie del lavorare in proprio quali sono, se non - costretto in un angolo di 35 cm di larghezza del tuo letto dal sovraffollamento motturno - mettersi a pensare come fare il banner pubblicitario che devi presentare il giorno dopo?
Insomma, ogni tanto mi mancano le energie.
Più quelle mentali che quelle fisiche.
Il corpo, nonostante l'avanzante età, regge bene.
Saranno i caffè, chissà.
È la testa che che avrebbe bisogno di riposo.
L'agognato vuoto pneumatico della non-responsabilità.
Perché avere sulle spalle una famiglia (con moglie che lavora part-time) e un'azienda sulle spalle ti dà una responsabilità che alla lunga può logorare.
Intendiamoci, mes amis: non mi sto lamentando.
È solo che capisco perché certe persone bevono o fumano o vanno a troie o si fanno un'amante: si cercano un loro spazio personale. Una loro bolla di sapone in cui non vogliono far entrare tutti i casini e i pensieri della quotidianità.
C'è bisogno di spazio personale, di un'ora di "fuori tutti".
Per esempio, io non vedo l'ora che vadano a letto tutti, per starmente un quarto d'ora in pace da solo. A fare che? non lo so.
Certe sere leggo un libro, certe sere guardo la tv, oppure mi metto sul terrazzo e sto lì a pensare ai fatti miei.
È che - semplicemente - c'è bisogno di "un pensiero superficiale che renda la pelle splendida", come cantano gli Afterhours.
Il sunto è: lavoro tanto e dormo poco. Ma le due cose non sono correlate tra loro.
Cioè: non è che dormo poco perché torno a casa a chissà che ora dall'ufficio.
Forse c'entrano i pensieri e la tensione dei mille lavori da gestire simultaneamente, quello sì, potrebbe essere.
Ma d'altronde le gioie del lavorare in proprio quali sono, se non - costretto in un angolo di 35 cm di larghezza del tuo letto dal sovraffollamento motturno - mettersi a pensare come fare il banner pubblicitario che devi presentare il giorno dopo?
Insomma, ogni tanto mi mancano le energie.
Più quelle mentali che quelle fisiche.
Il corpo, nonostante l'avanzante età, regge bene.
Saranno i caffè, chissà.
È la testa che che avrebbe bisogno di riposo.
L'agognato vuoto pneumatico della non-responsabilità.
Perché avere sulle spalle una famiglia (con moglie che lavora part-time) e un'azienda sulle spalle ti dà una responsabilità che alla lunga può logorare.
Intendiamoci, mes amis: non mi sto lamentando.
È solo che capisco perché certe persone bevono o fumano o vanno a troie o si fanno un'amante: si cercano un loro spazio personale. Una loro bolla di sapone in cui non vogliono far entrare tutti i casini e i pensieri della quotidianità.
C'è bisogno di spazio personale, di un'ora di "fuori tutti".
Per esempio, io non vedo l'ora che vadano a letto tutti, per starmente un quarto d'ora in pace da solo. A fare che? non lo so.
Certe sere leggo un libro, certe sere guardo la tv, oppure mi metto sul terrazzo e sto lì a pensare ai fatti miei.
È che - semplicemente - c'è bisogno di "un pensiero superficiale che renda la pelle splendida", come cantano gli Afterhours.
31 ottobre 2009
it's Halloween!
Ho sempre blaterato contro la festa di Halloween tutta la mia rabbia contro la sudditanza che abbiamo nei confronti degli USA.
Come già detto, odio la colonizzazione che hanno perpetrato gli Stati Uniti ai nostri effetti e non sopporto, appunto, che una festa come Halloween, che in Italia non ha senso di esistere, sia diventata un'usanza anche da noi (che poi, se vai a vedere, anche una frase come "trick or treat" paragonata al nostro scialbo "dolcetto o scherzetto" ha tutta un'altra valenza).
Ma. Come dicevo 5 giorni fa, quando hai dei figli, il tuo punto di vista cambia.
E alla fine questa festa è come una specie di carnevale; un'occasione per mascherarsi e - mica male! - avere un sacco di caramelle gratis!
Così, stamattina all'Esselunga abbiamo fatto incetta di caramelle.
Poi, grazie alla grande inventiva e capacità di improvvisazione di Dalia, abbiamo fatto un vestito per Anita.
Cosicché quando alle 20,30 sono arrivati i bambini del palazzo a suonare al citofono, ci siamo fatti trovare con Anita vestita da strega e con delle tazze piene di caramelle, che abbiamo rovesciato nelle borse che i bambini tenevano ben sporgenti verso di noi.
E sono molto contento di aver fatto tutto ciò.
Il mio astio verso gli States per un giorno può soprassedere.
in foto: Anita vestita da strega. Grazie a Dalia e, come dicevo, alla sua capacità di arrangiarsi.
Come già detto, odio la colonizzazione che hanno perpetrato gli Stati Uniti ai nostri effetti e non sopporto, appunto, che una festa come Halloween, che in Italia non ha senso di esistere, sia diventata un'usanza anche da noi (che poi, se vai a vedere, anche una frase come "trick or treat" paragonata al nostro scialbo "dolcetto o scherzetto" ha tutta un'altra valenza).
Ma. Come dicevo 5 giorni fa, quando hai dei figli, il tuo punto di vista cambia.
E alla fine questa festa è come una specie di carnevale; un'occasione per mascherarsi e - mica male! - avere un sacco di caramelle gratis!
Così, stamattina all'Esselunga abbiamo fatto incetta di caramelle.
Poi, grazie alla grande inventiva e capacità di improvvisazione di Dalia, abbiamo fatto un vestito per Anita.
Cosicché quando alle 20,30 sono arrivati i bambini del palazzo a suonare al citofono, ci siamo fatti trovare con Anita vestita da strega e con delle tazze piene di caramelle, che abbiamo rovesciato nelle borse che i bambini tenevano ben sporgenti verso di noi.
E sono molto contento di aver fatto tutto ciò.
Il mio astio verso gli States per un giorno può soprassedere.
in foto: Anita vestita da strega. Grazie a Dalia e, come dicevo, alla sua capacità di arrangiarsi.
26 ottobre 2009
dei bimbi e della mia incapacità decisionale
Sono i bambini che ti fregano. Tu passi una prima parte della tua vita a costruirti un'esistenza secondo alcuni canoni e aspirazioni; poi arrivano i bimbi e ti fregano.
Buttano all'aria tutto.
Hai sempre pensato che non andresti mai a vivere fuori Milano; che la vita da pendolare è assurda e non si può perdere un'ora a entrare e un'ora a uscire da Milano tutti i giorni. Eppure ci pensi.
Hai sempre creduto che non si torna indietro, una volta scappato da Celle. Che la vità lì è assurda; vivibile solo per quelli che si accontentano di passare il pomeriggio al Bar le Palme. Eppure ci pensi.
Ti rendi conto che sei una chioccia. Che basta che tua figlia abbia il raffreddore e inizi ad inveire contro le polveri sottili, contro una città che non lascia spazio ai piccoli. La città in cui ti sei sempre trovato bene; di cui hai sempre decantato le lodi, in barba a tutti quelli che ne parlavano male.
Cos'è cambiato? È ovvio che sei cambiato tu. È cambiato il tuo modo di vedere il mondo.
Il tuo punto di vista è sceso sotto il metro di altezza.
E non tolleri nessuna aggressione di nessun tipo alle tue creature. Sei proprio diventato una chioccia. Vorresti fare da scudo tra loro e qualsiasi elemento negativo le possa intaccare.
Intanto i tuoi amici si trasferiscono fuori città o addirittura in un altro stato. Tu stai lì a guardare; pensando a cosa fare. Agire d'impulso e subito? o ponderare bene le scelte, ma con l'aggravante del tempo che passa?
Perché non sei mai stato uno deciso, no. Non sai prendere delle scelte definitive. Non sai dire con certezza: questa cosa è meglio di tutto (magari cambiando idea due mesi dopo). Non sei un venditore.
Certe volte mi sembra di vivere in bilico.
Certi giorni mi sembra che basti poco per farmi crollare.
Forse dovrei solo dormire un po' di più.
in foto: quello che mi fa andare avanti.
Buttano all'aria tutto.
Hai sempre pensato che non andresti mai a vivere fuori Milano; che la vita da pendolare è assurda e non si può perdere un'ora a entrare e un'ora a uscire da Milano tutti i giorni. Eppure ci pensi.
Hai sempre creduto che non si torna indietro, una volta scappato da Celle. Che la vità lì è assurda; vivibile solo per quelli che si accontentano di passare il pomeriggio al Bar le Palme. Eppure ci pensi.
Ti rendi conto che sei una chioccia. Che basta che tua figlia abbia il raffreddore e inizi ad inveire contro le polveri sottili, contro una città che non lascia spazio ai piccoli. La città in cui ti sei sempre trovato bene; di cui hai sempre decantato le lodi, in barba a tutti quelli che ne parlavano male.
Cos'è cambiato? È ovvio che sei cambiato tu. È cambiato il tuo modo di vedere il mondo.
Il tuo punto di vista è sceso sotto il metro di altezza.
E non tolleri nessuna aggressione di nessun tipo alle tue creature. Sei proprio diventato una chioccia. Vorresti fare da scudo tra loro e qualsiasi elemento negativo le possa intaccare.
Intanto i tuoi amici si trasferiscono fuori città o addirittura in un altro stato. Tu stai lì a guardare; pensando a cosa fare. Agire d'impulso e subito? o ponderare bene le scelte, ma con l'aggravante del tempo che passa?
Perché non sei mai stato uno deciso, no. Non sai prendere delle scelte definitive. Non sai dire con certezza: questa cosa è meglio di tutto (magari cambiando idea due mesi dopo). Non sei un venditore.
Certe volte mi sembra di vivere in bilico.
Certi giorni mi sembra che basti poco per farmi crollare.
Forse dovrei solo dormire un po' di più.
in foto: quello che mi fa andare avanti.
23 ottobre 2009
oh tu, pedone stronzo
Oh tu pedone stronzo che mi insulti perché non ti faccio attraversare sulle strisce in via Eustachi, prima di mandarmi a quel paese vorrei che tu considerassi alcune cose:
1 - non mi trattare come un pirata della strada, perché non lo sono e ultimamente tendo ad andare molto piano.
2 - quando piove, come ad esempio ieri sera, oltre ad andare ancora più piano, c'è un problema: l'asfalto è particolarmente scivoloso e un motorino come il mio, se tento di inchiodare, "va' via di culo" (termine tecnico) e mi ritrovo per terra in un nanosecondo. Quindi, a meno che non sia strettamente necessario, cerco di evitare le inchiodate.
3 - devi sapere che via Eustachi è una via alquanto buia e di sera non si vede una ceppa. Ergo, se tu spunti da dietro una macchina, non posso vederti subito. Anche perché
4 - quando piove il parabrezza del mio motorino si riempie di goccioline, creando quel simpatico "effetto vetro smerigliato" che mi fa vedere ancora meno di una ceppa.
5 - in motorino, con l'effetto vetro smerigliato, quando piove, e per di più con le macchine che ti vengono incontro a fari sparati nella corsia opposta, riuscire a non vedere una ceppa diventa quasi un'utopia: si vede mooooolto meno.
Quindi se mentre attraversi la strada ti sembra di subire un torto e mi mandi affanculo, beh, affanculo vacci tu e chi non te lo dice.
cordialmente,
Filippo.
1 - non mi trattare come un pirata della strada, perché non lo sono e ultimamente tendo ad andare molto piano.
2 - quando piove, come ad esempio ieri sera, oltre ad andare ancora più piano, c'è un problema: l'asfalto è particolarmente scivoloso e un motorino come il mio, se tento di inchiodare, "va' via di culo" (termine tecnico) e mi ritrovo per terra in un nanosecondo. Quindi, a meno che non sia strettamente necessario, cerco di evitare le inchiodate.
3 - devi sapere che via Eustachi è una via alquanto buia e di sera non si vede una ceppa. Ergo, se tu spunti da dietro una macchina, non posso vederti subito. Anche perché
4 - quando piove il parabrezza del mio motorino si riempie di goccioline, creando quel simpatico "effetto vetro smerigliato" che mi fa vedere ancora meno di una ceppa.
5 - in motorino, con l'effetto vetro smerigliato, quando piove, e per di più con le macchine che ti vengono incontro a fari sparati nella corsia opposta, riuscire a non vedere una ceppa diventa quasi un'utopia: si vede mooooolto meno.
Quindi se mentre attraversi la strada ti sembra di subire un torto e mi mandi affanculo, beh, affanculo vacci tu e chi non te lo dice.
cordialmente,
Filippo.
20 ottobre 2009
snobismo
Oggi a pranzo mi sono trovato a parlare di cinema con un ragazzo, nostro "ospite" in ufficio. Essendo lui un producer, posso dire che è uno che lavora proprio nel ramo cinema.
Ed io, quando mi trovo di fronte a qualcuno che ne sa più di me in un determinato campo (specie se l'argomento mi interessa), mi diverto a chiedere, curiosare e farmi consigliare.
Non è che io sia un neofita nel campo cinema, però riconosco di essere a conoscenza di una piccolissima parte della produzione mondiale e che molti capolavori possono negli anni essermi sfuggiti.
E così chiedo consigli per il mio amato download.
Qui comincia il dramma. O più esattamente quando comunico un piccolo elenco dei miei film preferiti cominciando con "The Snatch". Intravedo un sorriso beffardo nel mio interlocutore e sento un sospiro di sufficienza.
Mi viene spiegato, a me umile profano, che di "The Snatch" non è bello il montaggio. E che i montaggi di quel genere sono praticati per rendere pù dinamici i film o per sopperire alle carenze della sceneggiatura.
Devo fare un enorme sospirone per non farmi uscire dalla bocca un
V A F F A N C U L O di proporzioni bibliche. Anzi, sorrido perché voglio vedere fino a che punto vuole arrivare 'sto Ghezzi dei miei coglioni.
La caratteristica principale di coloro che si spacciano per intenditori di cinema è questa, fateci caso: un film non può essere di un italiano o inglese o francese, specie se contemporaneo. Mai.
Un film è bello se il regista è armeno o algerino naturalizzato cipriota; e possibilmente deve anche avere un handicap fisico oppure essere orfano oppure deve aver vissuto in un campo di prigionia.
Allora sì che avrà tutto il diritto (secondo loro) di fracassarmi le palle con un docu-film di 4 ore sulla vita dei rifugiati siriani.
Se invece è italiano o francese deve avere più di 80 anni. Quindi via libera a Chabrol, Truffaut o Elio Petri. Che, intendiamoci, è gente che mi piace pure. Ma l'atteggiamento con cui queste perle di saggezza vengono elargite è puro snobismo.
E passando alla musica il discorso non cambia.
Un ragazzo, patito di musica, è venuto a lavorare nel nostro studio. Subito gli ho detto: dai, passami qualcosa di nuovo, che ormai sono fisso sui soliti dischi.
Il primo disco che mi ha passato è una roba post-jazz di una noia mortale, con tutti i virtuosismi e quant'altro.
Ma dico io: che bisogno hai di dimostrarmi che sei un super intelligente alternativo? Ma dammi un disco normale, no? Cazzo, una roba che non mi si contorcano i padiglioni auricolari al primo ascolto. O che non senta il bisogno di suicidarmi alle prime note.
Invece no: ma te che musica ascolti? i Radiohead.
Aaaaaaaaaaahhhh, i Radiohead.
Porca troia, a me i Radiohead qualche anno fa piacevano anche.
Me li stanno facendo odiare.
"Avy, stiamo parlando di Frankie ho-un-problema-col-gioco quattro cazzo di dita!"
Lasciate perdere gli snob e guardatevi "The Snatch", se non già l'avete fatto: vi divertirete un casino. E non farete caso al montaggio, ve lo assicuro.
Ed io, quando mi trovo di fronte a qualcuno che ne sa più di me in un determinato campo (specie se l'argomento mi interessa), mi diverto a chiedere, curiosare e farmi consigliare.
Non è che io sia un neofita nel campo cinema, però riconosco di essere a conoscenza di una piccolissima parte della produzione mondiale e che molti capolavori possono negli anni essermi sfuggiti.
E così chiedo consigli per il mio amato download.
Qui comincia il dramma. O più esattamente quando comunico un piccolo elenco dei miei film preferiti cominciando con "The Snatch". Intravedo un sorriso beffardo nel mio interlocutore e sento un sospiro di sufficienza.
Mi viene spiegato, a me umile profano, che di "The Snatch" non è bello il montaggio. E che i montaggi di quel genere sono praticati per rendere pù dinamici i film o per sopperire alle carenze della sceneggiatura.
Devo fare un enorme sospirone per non farmi uscire dalla bocca un
V A F F A N C U L O di proporzioni bibliche. Anzi, sorrido perché voglio vedere fino a che punto vuole arrivare 'sto Ghezzi dei miei coglioni.
La caratteristica principale di coloro che si spacciano per intenditori di cinema è questa, fateci caso: un film non può essere di un italiano o inglese o francese, specie se contemporaneo. Mai.
Un film è bello se il regista è armeno o algerino naturalizzato cipriota; e possibilmente deve anche avere un handicap fisico oppure essere orfano oppure deve aver vissuto in un campo di prigionia.
Allora sì che avrà tutto il diritto (secondo loro) di fracassarmi le palle con un docu-film di 4 ore sulla vita dei rifugiati siriani.
Se invece è italiano o francese deve avere più di 80 anni. Quindi via libera a Chabrol, Truffaut o Elio Petri. Che, intendiamoci, è gente che mi piace pure. Ma l'atteggiamento con cui queste perle di saggezza vengono elargite è puro snobismo.
E passando alla musica il discorso non cambia.
Un ragazzo, patito di musica, è venuto a lavorare nel nostro studio. Subito gli ho detto: dai, passami qualcosa di nuovo, che ormai sono fisso sui soliti dischi.
Il primo disco che mi ha passato è una roba post-jazz di una noia mortale, con tutti i virtuosismi e quant'altro.
Ma dico io: che bisogno hai di dimostrarmi che sei un super intelligente alternativo? Ma dammi un disco normale, no? Cazzo, una roba che non mi si contorcano i padiglioni auricolari al primo ascolto. O che non senta il bisogno di suicidarmi alle prime note.
Invece no: ma te che musica ascolti? i Radiohead.
Aaaaaaaaaaahhhh, i Radiohead.
Porca troia, a me i Radiohead qualche anno fa piacevano anche.
Me li stanno facendo odiare.
"Avy, stiamo parlando di Frankie ho-un-problema-col-gioco quattro cazzo di dita!"
Lasciate perdere gli snob e guardatevi "The Snatch", se non già l'avete fatto: vi divertirete un casino. E non farete caso al montaggio, ve lo assicuro.
16 ottobre 2009
11 ottobre 2009
09 ottobre 2009
only by the night
Solitamente la mia giornata scorre, tra alti e bassi, in maniera abbastanza regolare.
Le incombenze della mattina (preparare la colazione, lavare le bimbe, ecc); il lavoro (tra alti e bassi, appunto); e poi le incombenze serali (fare la spesa, cucinare, rassettare, mettere a letto le bimbe, ecc): tutto si svolge in fretta ma abbastanza serenamente.
E sono contento così.
Ma c'è un momento che mi terrorizza: è il momento di andare a dormire.
Voi direte: ma se hai tante cose da fare, sarai stanco e dovresti essere contento di andare a dormire.
E invece ne sono terrorizzato; tanto che certi giorni rimando il più possibile il momento. E il motivo è uno solo: ogni volta che mi addormento non so quando, non so come, non so da chi o cosa, ma so che il mio sonno sarò interrotto quanto prima.
Giuro che vorrei non aver bisogno di dormire, perché per me non c'è niente di peggio che addormentarsi e venire svegliato quando sei nel bel mezzo del sonno più profondo.
Per puro spirito autolesionistico, vado ad elencare le varianti in gioco:
1 - Anita. Cominciamo dalle bimbe, ovviamente. Ultimamente Anita dorme bene, ma ci sono i periodi in cui è intasata (-> non riesce a respirare bene -> alzarsi e andare quantomeno a consolarla e cercare di farle trovare una posizione in cui respiri) o giorni in cui fa gli incubi (-> alzarsi e andare a vedere se si è svegliata e se ha bisogno di conforto)
2 - Elena. Elena di notte ancora mangia. Quando va di lusso si sveglia una sola volta (tipo verso le 4) e ovviamente fa notare che ha fame nell'unica maniera che conosce: piangendo.
3 - zanzare. Ebbene sì: a Milano ci sono ancora le zanzare. E devo dedurre che abitino tutte a casa nostra, visto che ne faccio fuori un paio al giorno.
4 - altri animali. Il terrore nell'alzarsi di notte e andare a bere un bicchiere d'acqua è che - raramente per carità - in cucina ogni tanto si trovano degli scarafaggi. Uno per volta, eh! Però non è che se ho appena dato la caccia a uno scarafaggio (e a maggior ragione se ha avuto la meglio lui, rintanandosi da qualche parte) io riesca ad addormentarmi tranquillo subito dopo.
5 - ancora animali. La mia gatta russa. Voi lo sapevate che i gatti russano? Adesso lo sapete.
6 - dulcis in fundo, colei che non mi abbandona mai: la mia insonnia. Da quando sono padre, oramai la sera crollo a dormire senza problemi. Ma lei è brava e mi aspetta: aspetta che io mi svegli per qualche motivo tra quelli sopra elencati e mi lascia in questo stato comatoso per cui non riesco e non ho voglia di fare nulla che non sia dormire, ma non riesco a chiudere occhio.
E se pensate che tutto sommato si può riuscire a convivere con queste difficoltà, immaginate le combinazioni tar i vari punti.
Un esempio: si sveglia Anita intasata; fa così tanto casino che si sveglia anche Elena; alzati, culla una o l'altra, crca di rimetterle a dormire quanto prima, ma non troppo presto che sennò si svegliano; dopo un'oretta la situazione è tornata normale, mi alzo per andare in bagno e poi a bere e trovo uno scarrafone; caccia grossa finché non lo ammazzo; torno a letto e non riesco ad addormentarmi; dopo mezz'ora di scansione dettagliata del soffitto si risveglia Elena; la prendo, la cullo, si riaddormenta e la rimetto a dormire; ancora non dormo; la gatta russa e mi implora di sfogare su di lei la mia frustrazione; finalmente mi addormento: ormai sono le 6,00.
In pratica è il riassunto della notte appena trascorsa.
E ringraziate il cielo che non ho trovato zanzare, sennò arrotolavo la gatta tipo giornale e la usavo come arma impropria.
Le incombenze della mattina (preparare la colazione, lavare le bimbe, ecc); il lavoro (tra alti e bassi, appunto); e poi le incombenze serali (fare la spesa, cucinare, rassettare, mettere a letto le bimbe, ecc): tutto si svolge in fretta ma abbastanza serenamente.
E sono contento così.
Ma c'è un momento che mi terrorizza: è il momento di andare a dormire.
Voi direte: ma se hai tante cose da fare, sarai stanco e dovresti essere contento di andare a dormire.
E invece ne sono terrorizzato; tanto che certi giorni rimando il più possibile il momento. E il motivo è uno solo: ogni volta che mi addormento non so quando, non so come, non so da chi o cosa, ma so che il mio sonno sarò interrotto quanto prima.
Giuro che vorrei non aver bisogno di dormire, perché per me non c'è niente di peggio che addormentarsi e venire svegliato quando sei nel bel mezzo del sonno più profondo.
Per puro spirito autolesionistico, vado ad elencare le varianti in gioco:
1 - Anita. Cominciamo dalle bimbe, ovviamente. Ultimamente Anita dorme bene, ma ci sono i periodi in cui è intasata (-> non riesce a respirare bene -> alzarsi e andare quantomeno a consolarla e cercare di farle trovare una posizione in cui respiri) o giorni in cui fa gli incubi (-> alzarsi e andare a vedere se si è svegliata e se ha bisogno di conforto)
2 - Elena. Elena di notte ancora mangia. Quando va di lusso si sveglia una sola volta (tipo verso le 4) e ovviamente fa notare che ha fame nell'unica maniera che conosce: piangendo.
3 - zanzare. Ebbene sì: a Milano ci sono ancora le zanzare. E devo dedurre che abitino tutte a casa nostra, visto che ne faccio fuori un paio al giorno.
4 - altri animali. Il terrore nell'alzarsi di notte e andare a bere un bicchiere d'acqua è che - raramente per carità - in cucina ogni tanto si trovano degli scarafaggi. Uno per volta, eh! Però non è che se ho appena dato la caccia a uno scarafaggio (e a maggior ragione se ha avuto la meglio lui, rintanandosi da qualche parte) io riesca ad addormentarmi tranquillo subito dopo.
5 - ancora animali. La mia gatta russa. Voi lo sapevate che i gatti russano? Adesso lo sapete.
6 - dulcis in fundo, colei che non mi abbandona mai: la mia insonnia. Da quando sono padre, oramai la sera crollo a dormire senza problemi. Ma lei è brava e mi aspetta: aspetta che io mi svegli per qualche motivo tra quelli sopra elencati e mi lascia in questo stato comatoso per cui non riesco e non ho voglia di fare nulla che non sia dormire, ma non riesco a chiudere occhio.
E se pensate che tutto sommato si può riuscire a convivere con queste difficoltà, immaginate le combinazioni tar i vari punti.
Un esempio: si sveglia Anita intasata; fa così tanto casino che si sveglia anche Elena; alzati, culla una o l'altra, crca di rimetterle a dormire quanto prima, ma non troppo presto che sennò si svegliano; dopo un'oretta la situazione è tornata normale, mi alzo per andare in bagno e poi a bere e trovo uno scarrafone; caccia grossa finché non lo ammazzo; torno a letto e non riesco ad addormentarmi; dopo mezz'ora di scansione dettagliata del soffitto si risveglia Elena; la prendo, la cullo, si riaddormenta e la rimetto a dormire; ancora non dormo; la gatta russa e mi implora di sfogare su di lei la mia frustrazione; finalmente mi addormento: ormai sono le 6,00.
In pratica è il riassunto della notte appena trascorsa.
E ringraziate il cielo che non ho trovato zanzare, sennò arrotolavo la gatta tipo giornale e la usavo come arma impropria.
30 settembre 2009
scambio di letti
Le bimbe crescono.
Anita è da una settimana che va all'asilo... ooops! volevo dire scuola materna, e sembra trovarsi bene.
Si stanca molto, ma è contenta.
Elena è la solita patatona: sempre felice e giocosa.
Nonostante i soprusi e i capricci della sorella maggiore, non si lamenta di niente e, anzi, appena la vede sorride e si agita tutta contenta.
Da lunedì le abbiamo messe a dormire nella stessa stanza.
Elena ha preso il lettino di Anita, mentre Anita ha avuto un nuovissimo letto "Kritter" (made in Ikea, ovviamente).
Un piccolo avvertimento: non montate mai un lettino all'ora di cena, come ho fatto io.
La vostra figlia cui il letto è dedicato si esalterà e passerà un paio d'ore a saltarci sopra dalla gioia, anziché andare a dormire.
Imparate dagli errori. I miei errori.
in foto: il letto Kritter, come da catalogo.
Anita è da una settimana che va all'asilo... ooops! volevo dire scuola materna, e sembra trovarsi bene.
Si stanca molto, ma è contenta.
Elena è la solita patatona: sempre felice e giocosa.
Nonostante i soprusi e i capricci della sorella maggiore, non si lamenta di niente e, anzi, appena la vede sorride e si agita tutta contenta.
Da lunedì le abbiamo messe a dormire nella stessa stanza.
Elena ha preso il lettino di Anita, mentre Anita ha avuto un nuovissimo letto "Kritter" (made in Ikea, ovviamente).
Un piccolo avvertimento: non montate mai un lettino all'ora di cena, come ho fatto io.
La vostra figlia cui il letto è dedicato si esalterà e passerà un paio d'ore a saltarci sopra dalla gioia, anziché andare a dormire.
Imparate dagli errori. I miei errori.
in foto: il letto Kritter, come da catalogo.
25 settembre 2009
lo giuro!
Lo giuro: nella palestra dove vado ogni tanto a pausa pranzo c'è un istruttore che sembra Brad Pitt nel film "Burn after Reading".
Mi dispiace deludere le donne: non è uguale anche fisicamente, anche se un pochino pochino ci può assomigliare.
È l'atteggiamento che è quello.
Quando si mette (come oggi) nel tapis roulant accanto al mio e mentre corre fa gli esercizi con le braccia riesco a stento a trattenere le risa.
Vi basti sapere, giusto per conoscere il tipo, che l'altro giorno smadonnava come un turco perché non funzionava la presa per il phon.
Sì, perché lui - dopo l'allenamento e prima di iniziare il suo lavoro da istruttore - appena fatta la doccia sta 10 minuti (dieci!) a phonarsi i capelli.
Ah, per la cronaca: la presa non funzionava perché non l'aveva inserita bene.
Rendo l'idea?
Mi dispiace deludere le donne: non è uguale anche fisicamente, anche se un pochino pochino ci può assomigliare.
È l'atteggiamento che è quello.
Quando si mette (come oggi) nel tapis roulant accanto al mio e mentre corre fa gli esercizi con le braccia riesco a stento a trattenere le risa.
Vi basti sapere, giusto per conoscere il tipo, che l'altro giorno smadonnava come un turco perché non funzionava la presa per il phon.
Sì, perché lui - dopo l'allenamento e prima di iniziare il suo lavoro da istruttore - appena fatta la doccia sta 10 minuti (dieci!) a phonarsi i capelli.
Ah, per la cronaca: la presa non funzionava perché non l'aveva inserita bene.
Rendo l'idea?
24 settembre 2009
interrazialità
Questa cosa è successa domenica, ma trovo il tempo per scriverla solo adesso.
Il fine settimana scorso abbiamo trascorso due bellissimi giorni in un agriturismo, ospiti da amici.
Visto che la padrona di casa ha recentemente adottato una bambina cinese, da buon genitore scrupoloso, mi premuravo di spiegare ad Anita l'interrazialità e l'uguaglianza.
Non so perché ho iniziato il discorso: di solito non ce n'è bisogno, perché i bambini non hanno queste barriere mentali.
Stavo compiendo uno di quei discorsi da "volemose bene" e spiegando che ci sono i bimbi con la pelle rosa, quelli con la pelle gialla (che poi gialla non è, ma vabbè) e quelli con la pelle marrone, quando sono stato prontamente interrotto da Anita:
"proprio come Briatore?"*
* per chi non fosse a conoscenza della canzone in questione, sappia che è una citazione da "La Faccia di Briatore" dal disco "Tempi Bui" dei Ministri.
Il fine settimana scorso abbiamo trascorso due bellissimi giorni in un agriturismo, ospiti da amici.
Visto che la padrona di casa ha recentemente adottato una bambina cinese, da buon genitore scrupoloso, mi premuravo di spiegare ad Anita l'interrazialità e l'uguaglianza.
Non so perché ho iniziato il discorso: di solito non ce n'è bisogno, perché i bambini non hanno queste barriere mentali.
Stavo compiendo uno di quei discorsi da "volemose bene" e spiegando che ci sono i bimbi con la pelle rosa, quelli con la pelle gialla (che poi gialla non è, ma vabbè) e quelli con la pelle marrone, quando sono stato prontamente interrotto da Anita:
"proprio come Briatore?"*
* per chi non fosse a conoscenza della canzone in questione, sappia che è una citazione da "La Faccia di Briatore" dal disco "Tempi Bui" dei Ministri.
23 settembre 2009
scuola materna
Mentre vi scrivo, Anita sta trascorrendo le sue prime ore alla Scuola Materna Carabelli, praticamente sotto casa.
Le ho detto di chiamarmi e raccontarmi tutto, quando torna a casa.
Sto già aspettando che il telefono squilli.
Le ho detto di chiamarmi e raccontarmi tutto, quando torna a casa.
Sto già aspettando che il telefono squilli.
21 settembre 2009
giustizieri della musica
Anni fa Simona Ventura mi era simpatica: tra "Mai dire Gol" e i primi tempi di "Le Iene", la trovavo simpatica e irriverente al punto giusto.
Poi, come molte persone nell'ambito dello spettacolo, ha sbracato.
In un crescente autocompiacimento è stata proiettata nell'olimpo della tv e parallelamente nelle mie antipatie.
L'apice l'ha raggiunto con "Quelli che il calcio...": trasformando una trasmissione piacevole in un pot pourri di gossip, mignotte e riciclo di personaggi viscidi (anche Mastella fa l'inviato!).
Inoltre ho sempre trovato un'enorme ingiustizia che grandi personaggi della musica passassero per quel programma senza avere una degna intervista da parte di qualcuno competente (mi ricordo una volta in cui ad Alanis Morrissette non fu fatta neanche una domanda dopo l'esibizione).
Beh, ieri c'è stata la giusta rivincita: c'erano ospiti i Muse i quali, appena partito il playback hanno dato vita a un'improbabile esibizione live, a causa di un evidente scambio di ruoli: Matt Bellamy, chitarrista/cantante nonché mente del gruppo, era alla batteria, il batterista Dominic Howard al basso e voce e il bassista Chris Wolstenholme alla chitarra.
Ovviamente di questo scambio di ruoli sembra non essersene accorto nessuno, tantomeno la Ventura che, a fine esibizione, intervista Howard convinta che sia il leader del gruppo.
Per i fan dei Muse, la scena è stata esilarante; per i detrattori della Ventura, molto di più.
Considerando che io appartengo a entrambe le categorie, potete immaginare...
in video: la partecipazione di ieri dei Muse a "Quelli che il calcio". Geniali.
Poi, come molte persone nell'ambito dello spettacolo, ha sbracato.
In un crescente autocompiacimento è stata proiettata nell'olimpo della tv e parallelamente nelle mie antipatie.
L'apice l'ha raggiunto con "Quelli che il calcio...": trasformando una trasmissione piacevole in un pot pourri di gossip, mignotte e riciclo di personaggi viscidi (anche Mastella fa l'inviato!).
Inoltre ho sempre trovato un'enorme ingiustizia che grandi personaggi della musica passassero per quel programma senza avere una degna intervista da parte di qualcuno competente (mi ricordo una volta in cui ad Alanis Morrissette non fu fatta neanche una domanda dopo l'esibizione).
Beh, ieri c'è stata la giusta rivincita: c'erano ospiti i Muse i quali, appena partito il playback hanno dato vita a un'improbabile esibizione live, a causa di un evidente scambio di ruoli: Matt Bellamy, chitarrista/cantante nonché mente del gruppo, era alla batteria, il batterista Dominic Howard al basso e voce e il bassista Chris Wolstenholme alla chitarra.
Ovviamente di questo scambio di ruoli sembra non essersene accorto nessuno, tantomeno la Ventura che, a fine esibizione, intervista Howard convinta che sia il leader del gruppo.
Per i fan dei Muse, la scena è stata esilarante; per i detrattori della Ventura, molto di più.
Considerando che io appartengo a entrambe le categorie, potete immaginare...
in video: la partecipazione di ieri dei Muse a "Quelli che il calcio". Geniali.
16 settembre 2009
sproporzioni
Mi chiama Dalia, appena uscita dalla pediatra.
Mi dice che Elena è alta 75 cm. No, dico: 75 cm a 5 mesi!
Se continua così mi toccherà comprare una macchina cabrio.
in foto: Anita, che forse ha capito le potenzialità di Elena, inizia a trattarla bene.
Mi dice che Elena è alta 75 cm. No, dico: 75 cm a 5 mesi!
Se continua così mi toccherà comprare una macchina cabrio.
in foto: Anita, che forse ha capito le potenzialità di Elena, inizia a trattarla bene.
15 settembre 2009
fedeltà alla marca
Non conosco bene questa marca.
Non so neanche dove poter trovare i loro vestiti.
Ma da quando ho visto questo spot, ieri sera in tv, beh... mi riconosco in pieno nel loro target.
Mi avete colpito in pieno.
Non so neanche dove poter trovare i loro vestiti.
Ma da quando ho visto questo spot, ieri sera in tv, beh... mi riconosco in pieno nel loro target.
Mi avete colpito in pieno.
12 settembre 2009
la Tipa Honda SH
Lo scooter Honda SH è simile al Liberty Piggio (come il mio) o alla Vespa, ma è più tosto, ovvero più veloce e più resistente (e anche più costoso, of course). Basterebbe questo a farvi capire che tipo possa essere la guidatrice di un Honda SH, ma mi piace approfondire.
La tipa Honda SH guida in punta di sellino (come buona parte delle donne) ed è vestita solitamente in maniera elegante. Tailleur o jeans ordinati con camicia bianca si accompagnano spesso a una scarpa alta con tacco 12 o più.
Decisa e determinata alla guida, non si fa sopraffare dagli scooteristi maschi e, senza ingaggiare silenziosi duelli come gli uomini spesso fanno, tende però a tenere la manopola del gas ben aperta.
Classificazione: tende a guardare poco negli specchietti, ma nel complesso poco pericolosa.
Accessorio d'obbligo: occhiali da sole.
Sempre e in qualunque stagione.
Stile di Guida: aggressivo il giusto.
Espressioni facciale: sicura di se'.
Reazioni: buone.
Upgrade: nessuno.
La tipa Honda SH guida in punta di sellino (come buona parte delle donne) ed è vestita solitamente in maniera elegante. Tailleur o jeans ordinati con camicia bianca si accompagnano spesso a una scarpa alta con tacco 12 o più.
Decisa e determinata alla guida, non si fa sopraffare dagli scooteristi maschi e, senza ingaggiare silenziosi duelli come gli uomini spesso fanno, tende però a tenere la manopola del gas ben aperta.
Classificazione: tende a guardare poco negli specchietti, ma nel complesso poco pericolosa.
Accessorio d'obbligo: occhiali da sole.
Sempre e in qualunque stagione.
Stile di Guida: aggressivo il giusto.
Espressioni facciale: sicura di se'.
Reazioni: buone.
Upgrade: nessuno.
11 settembre 2009
10 settembre 2009
demenza su due ruote
In questi giorni, con il motorino, sto guidando troppo veloce.
Non contento di aver fatto il record di velocità all'uscita della curva dentro il nuovo tunnel di Porta Nuova (c'è un misuratore di velocità; fortunatamente non supportato da autovelox), mi sono accorto che sto prendendo un po' troppa confidenza con il mio Liberty quando, nella curva tra via Tiraboschi e via Muratori ho piegato talmente il mio mezzo di locomozione che ho grattato con il cavalletto.
Ho passato un nanosecondo di terrore. Poi mi sono dato del deficiente.
Ma stamattina secondo voi sono andato più piano?
Non contento di aver fatto il record di velocità all'uscita della curva dentro il nuovo tunnel di Porta Nuova (c'è un misuratore di velocità; fortunatamente non supportato da autovelox), mi sono accorto che sto prendendo un po' troppa confidenza con il mio Liberty quando, nella curva tra via Tiraboschi e via Muratori ho piegato talmente il mio mezzo di locomozione che ho grattato con il cavalletto.
Ho passato un nanosecondo di terrore. Poi mi sono dato del deficiente.
Ma stamattina secondo voi sono andato più piano?
04 settembre 2009
scuola materna
Stamattina siamo andati a vedere la Scuola Materna di Anita.
Ci siamo recati lì per un colloquio pre-inserimento.
Anita sembrava molto contenta, quasi emozionata; forse sta capendo che sta diventando grande.
Addirittura voleva fermarsi lì stamattina, anche se le abbiamo fatto presente che la sua classe comincia il 23 settembre.
Adesso le sto insegnando a contare i giorni che mancano sul calendario.
photo courtesy by Marta
Ci siamo recati lì per un colloquio pre-inserimento.
Anita sembrava molto contenta, quasi emozionata; forse sta capendo che sta diventando grande.
Addirittura voleva fermarsi lì stamattina, anche se le abbiamo fatto presente che la sua classe comincia il 23 settembre.
Adesso le sto insegnando a contare i giorni che mancano sul calendario.
photo courtesy by Marta
01 settembre 2009
fatica
Stamattina, mentre facciamo colazione, Anita mi prende la mano e mi dice: "Papà, io vorrei che tu non andassi in ufficio".
A parte la giusta dose di orgoglio per come mia figlia usa la consecutio temporum nonostante la giovanissima età, dico io: ma come si fa a uscire di casa?
Si fa veramente fatica.
nella foto: Anita e il Nonno intenti a disegnare, in quel di Olba.
A parte la giusta dose di orgoglio per come mia figlia usa la consecutio temporum nonostante la giovanissima età, dico io: ma come si fa a uscire di casa?
Si fa veramente fatica.
nella foto: Anita e il Nonno intenti a disegnare, in quel di Olba.
31 agosto 2009
graduale
Come se non bastasse avere due figlie piccole che ti impegnano la vita, oggi ci è successo che:
- si è rifatto vivo un cliente di Dalia che, manco a dirlo, ha bisogno urgente di un lavoro; e visto che in periodi di crisi è meglio non perdere i contatti...
- sostituiscono il nostro ascensore, ergo per due settimane ci dovremo fare 6 (dico 6!) piani a piedi avanti e indietro. Che con due bimbe piccole è una passeggiata.
- dulcis in fundo la nostra babysitter tuttofare Dora è fuori uso per problemi post operazione (che ha fatto pochi giorni fa).
Quello che si dice un rientro graduale dalle ferie.
- si è rifatto vivo un cliente di Dalia che, manco a dirlo, ha bisogno urgente di un lavoro; e visto che in periodi di crisi è meglio non perdere i contatti...
- sostituiscono il nostro ascensore, ergo per due settimane ci dovremo fare 6 (dico 6!) piani a piedi avanti e indietro. Che con due bimbe piccole è una passeggiata.
- dulcis in fundo la nostra babysitter tuttofare Dora è fuori uso per problemi post operazione (che ha fatto pochi giorni fa).
Quello che si dice un rientro graduale dalle ferie.
28 agosto 2009
ebetismo
Non c'è niente di più sconfortante che incontrare un amico/collega/conoscente appena tornati dalle ferie e, alla domanda: "come stai?", sentirsi rispondere "Stavo meglio ieri".
Magari supportato anche da quel sorrisino idiota che ti segnala che è una battuta.
Beh, ho una notizia per te: questa battuta è vecchia di almeno dieci anni e non fa ridere.
Ed è una delle frasi più inflazionate dall'inizio del secolo.
Quindi la prossima volta, per cortesia, dì un'altra cosa.
O dite che sono io che dovrei smettere di chiedere certe cose?
Magari supportato anche da quel sorrisino idiota che ti segnala che è una battuta.
Beh, ho una notizia per te: questa battuta è vecchia di almeno dieci anni e non fa ridere.
Ed è una delle frasi più inflazionate dall'inizio del secolo.
Quindi la prossima volta, per cortesia, dì un'altra cosa.
O dite che sono io che dovrei smettere di chiedere certe cose?
25 agosto 2009
I Love Radio Rock
(mi cimento in una sorta di recensione cinematografica, copiando lo stile di Alessandro detto Jumbolo, mio riferimento principale nel selezionare i film da vedere al cinema)
Giudizio sintetico: si può vedere
Giudizio per appassionati di musica: imperdibile
"Nel 1966 – il periodo più straordinario per il pop britannico – la BBC trasmetteva solo 2 ore di musica rock o pop alla settimana.
Ma una radio privata trasmetteva musica rock e pop, da una nave al largo della Gran Bretagna, 24 ore al giorno. E 25 milioni di persone – più di metà della popolazione britannica – ascoltava questi pirati ogni giorno."
Con questa frase comincia il film ambientato, appunto, nel 1966 dentro al quartier generale di "Radio Rock", una radio libera pirata che trasmette da una nave nel mezzo del Mare del Nord.
Il film è vissuto attraverso gli occhi di un giovane (Carl, interpretato da Tom Sturridge) che, dopo essere stato espulso da scuola, viene spedito dalla sua ricca madre (Emma Thompson, qui in un cameo), presso il suo patrigno Quentin (Bill Nighy), con la speranza che capisca ciò che vuole fare nella vita. Ma Quentin è anche il fondatore e capo di Radio Rock. A bordo della nave, Carl scoprirà i valori dell'amicizia e dell'amore e diventerà grande, grazie a un eclettico equipaggio composto dai più strampalati DJ della radio.
La musica è la forza trainante di "I Love Radio Rock", questa divertente commedia di Richard Curtis che ripercorre un'epoca di forte contrasto politico-sociale, esaminando da una parte il rigore dei colletti bianchi e dall'altra la voglia di libertà dei giovani. Attraverso una colonna sonora composta da canzoni culto degli anni '60 si sviluppano bellissime carrellate ambientate sulla nave o nei vari angoli/camerette/posti di lavoro di tutta la popolazione che con tanta passione segue la "musica del diavolo" attraverso le frequenze di Radio Rock.
Curtis è bravo a non cadere nella tentazione di fare un enorme videoclip, lasciando sì alla musica il ruolo principale, ma anche dando spazio alle vicende personali dei vari dj, tra cui spiccano le interpretazioni del sempre bravo Philip Seymour Hoffman e del suo "rivale" Rhys Ifans. Molto bello anche il personaggio di Quentin (l'attore Bill Nighy), dandy un po' ambiguo e molto carismatico (probabilmente ispirato a David Bowie).
Sia chiaro, la sceneggiatura lascia alquanto a desiderare: buoni sentimenti, happy ending e via dicendo rendono il tutto un po' troppo patinato. Ma questo film entra di diritto nel cuore degli appassionati di musica, che non possono esimersi dall'andarlo a vedere.
La pellicola è da annoverare tra i cult del genere: a metà tra "Blues Brothers" (capostipite inimitabile) e "School of Rock" (che a mio parere peccava di un'esagerata "semplicità" nel plot narrativo). Gli stereotipi ci sono, è vero, ma a volta sono talmente caricati da essere esilaranti (la scena del petardo è meravigliosa).
Colorato, allegro e zeppo di scene destinate a diventare culto, è l'ideale per passarsi 2 ore in compagnia di ottima musica.
Magnifica la citazione da "Electric Ladyland" di Hendrix.
Giudizio sintetico: si può vedere
Giudizio per appassionati di musica: imperdibile
"Nel 1966 – il periodo più straordinario per il pop britannico – la BBC trasmetteva solo 2 ore di musica rock o pop alla settimana.
Ma una radio privata trasmetteva musica rock e pop, da una nave al largo della Gran Bretagna, 24 ore al giorno. E 25 milioni di persone – più di metà della popolazione britannica – ascoltava questi pirati ogni giorno."
Con questa frase comincia il film ambientato, appunto, nel 1966 dentro al quartier generale di "Radio Rock", una radio libera pirata che trasmette da una nave nel mezzo del Mare del Nord.
Il film è vissuto attraverso gli occhi di un giovane (Carl, interpretato da Tom Sturridge) che, dopo essere stato espulso da scuola, viene spedito dalla sua ricca madre (Emma Thompson, qui in un cameo), presso il suo patrigno Quentin (Bill Nighy), con la speranza che capisca ciò che vuole fare nella vita. Ma Quentin è anche il fondatore e capo di Radio Rock. A bordo della nave, Carl scoprirà i valori dell'amicizia e dell'amore e diventerà grande, grazie a un eclettico equipaggio composto dai più strampalati DJ della radio.
La musica è la forza trainante di "I Love Radio Rock", questa divertente commedia di Richard Curtis che ripercorre un'epoca di forte contrasto politico-sociale, esaminando da una parte il rigore dei colletti bianchi e dall'altra la voglia di libertà dei giovani. Attraverso una colonna sonora composta da canzoni culto degli anni '60 si sviluppano bellissime carrellate ambientate sulla nave o nei vari angoli/camerette/posti di lavoro di tutta la popolazione che con tanta passione segue la "musica del diavolo" attraverso le frequenze di Radio Rock.
Curtis è bravo a non cadere nella tentazione di fare un enorme videoclip, lasciando sì alla musica il ruolo principale, ma anche dando spazio alle vicende personali dei vari dj, tra cui spiccano le interpretazioni del sempre bravo Philip Seymour Hoffman e del suo "rivale" Rhys Ifans. Molto bello anche il personaggio di Quentin (l'attore Bill Nighy), dandy un po' ambiguo e molto carismatico (probabilmente ispirato a David Bowie).
Sia chiaro, la sceneggiatura lascia alquanto a desiderare: buoni sentimenti, happy ending e via dicendo rendono il tutto un po' troppo patinato. Ma questo film entra di diritto nel cuore degli appassionati di musica, che non possono esimersi dall'andarlo a vedere.
La pellicola è da annoverare tra i cult del genere: a metà tra "Blues Brothers" (capostipite inimitabile) e "School of Rock" (che a mio parere peccava di un'esagerata "semplicità" nel plot narrativo). Gli stereotipi ci sono, è vero, ma a volta sono talmente caricati da essere esilaranti (la scena del petardo è meravigliosa).
Colorato, allegro e zeppo di scene destinate a diventare culto, è l'ideale per passarsi 2 ore in compagnia di ottima musica.
Magnifica la citazione da "Electric Ladyland" di Hendrix.
24 agosto 2009
i'm back
Anche quest'anno vacanze finite.
Anche quest'anno le mie donne (che però quest'anno sono 3!) sono rimaste a Celle.
Anche quest'anno rientro con caldo afoso e "voglia di lavorare saltami addosso".
Anche quest'anno mi piace pensare ai momenti vissuti nella vacanza e scriverli qua, in modo da potermeli rileggere ogni volta che voglio.
Olba
Siamo stati nella casa di Olba forse per l'ultima volta.
Per questo motivobbiamo deciso di passarci qualche giorno. Ci abbiamo festeggiato, come ogni anno, il compleanno di Anita.
Inutile dire che ci si sta meravigliosamente. Ma se dobbiamo scegliere tra Celle e Olba...
Celle
Celle è magnifica; specialmente se si hanno dei bambini. Non mi stancherà mai.
Anche quest'anno abbiamo fatto il giro delle sagre: Pecorile, Ferrari e Pesce Azzurro (anche se avevamo detto ch non ci saremmo più andati; ma ogni anno ci ricaschiamo)
Anita
Anita è meravigliosa. Fa un po' troppi capriccci, ma è magnifica. Da luglio salta il riposino pomeridiano, quindi ogni sera, mentre mangia la cena, bisogna stare attenti a prenderla al volo, prima che - addormentadosi - cada con la testa nel piatto.
Eppoi sta diventando un pesce. Fino a una settimana fa sembrava più una cozza, veramente, perché quando entravamo in acqua rimaneva aggrappata a me o a Dalia. Un giorno invece, complice una bambina sua coetanea che nuotava vicino a noi, le ho fatto notare che era semplice e le ho detto "dai, lasciati andare!" e ha visto che se stava ferma rimaneva a galla da sola (coi braccioli, of course). Da lì è stata un'escalation: ora va da sola, sbattendo le gambette, con gli occhi a fessura e la bocca ben chiusa, per paura di bere. Uno spettacolo.
Elena
Mia madre la chiama "pace e gioia". Sì, perché Elena è tranquillissima e sempre serena. Certe volte te la dimentichi proprio: se ne sta lì nell'ovetto o sulla sdraietta a osservare sua sorella che gioca.
Piange solo se particolarmente stanca o quando ha fame (ebbè, è pur sempre figlia nostra; buon stomaco non mente).
Ha un po' frenato la sua crescita miracolosa, ma rimane pur sempre una gigantessa.
Anche quest'anno le mie donne (che però quest'anno sono 3!) sono rimaste a Celle.
Anche quest'anno rientro con caldo afoso e "voglia di lavorare saltami addosso".
Anche quest'anno mi piace pensare ai momenti vissuti nella vacanza e scriverli qua, in modo da potermeli rileggere ogni volta che voglio.
Olba
Siamo stati nella casa di Olba forse per l'ultima volta.
Per questo motivobbiamo deciso di passarci qualche giorno. Ci abbiamo festeggiato, come ogni anno, il compleanno di Anita.
Inutile dire che ci si sta meravigliosamente. Ma se dobbiamo scegliere tra Celle e Olba...
Celle
Celle è magnifica; specialmente se si hanno dei bambini. Non mi stancherà mai.
Anche quest'anno abbiamo fatto il giro delle sagre: Pecorile, Ferrari e Pesce Azzurro (anche se avevamo detto ch non ci saremmo più andati; ma ogni anno ci ricaschiamo)
Anita
Anita è meravigliosa. Fa un po' troppi capriccci, ma è magnifica. Da luglio salta il riposino pomeridiano, quindi ogni sera, mentre mangia la cena, bisogna stare attenti a prenderla al volo, prima che - addormentadosi - cada con la testa nel piatto.
Eppoi sta diventando un pesce. Fino a una settimana fa sembrava più una cozza, veramente, perché quando entravamo in acqua rimaneva aggrappata a me o a Dalia. Un giorno invece, complice una bambina sua coetanea che nuotava vicino a noi, le ho fatto notare che era semplice e le ho detto "dai, lasciati andare!" e ha visto che se stava ferma rimaneva a galla da sola (coi braccioli, of course). Da lì è stata un'escalation: ora va da sola, sbattendo le gambette, con gli occhi a fessura e la bocca ben chiusa, per paura di bere. Uno spettacolo.
Elena
Mia madre la chiama "pace e gioia". Sì, perché Elena è tranquillissima e sempre serena. Certe volte te la dimentichi proprio: se ne sta lì nell'ovetto o sulla sdraietta a osservare sua sorella che gioca.
Piange solo se particolarmente stanca o quando ha fame (ebbè, è pur sempre figlia nostra; buon stomaco non mente).
Ha un po' frenato la sua crescita miracolosa, ma rimane pur sempre una gigantessa.
23 agosto 2009
ministri e cinghiali
Ieri sera insieme a mia sorella Marta sono andato ad un festival rock ligure che si chiama "Balla coi cinghiali". Che lo crediate o no è abbastanza famoso, tanto da ospitare gruppi di una certa fama: quest'anno per esempio c'erano i Linea 77, ma soprattutto, per mio interesse, i Ministri.
Un festival rock in Liguria e un gruppo del genere? L'occasione era troppo ghiotta per lasciarsela scappare.
Partiamo tardi da Savona, dove sono andato a prendere mia sorella all'uscita del lavoro, e impieghiamo quasi un'ora ad arrivare a Bardineto, dove si svolge il festival.
Siamo lì per le 22,00 e mi fiondo subito verso l'area concerti per vedere se per qualche caso il concerto fosse già iniziato o stesse per cominciare: stanno salendo sul palco i Selton, un gruppo brasiliano che, passando dall'Italia, si è innamorato delle canzoni di Iannacci, Cochi&Renato, etc.
La prima cosa che noto appropinquandomi al palco, però, sono i due striscioni ai lati del palco: c'è quello che scoprirò dopo essere il logo della manifestazione unito a una scritta meravigliosa (quello che in pubblicità chiamerebbero il payoff del Festival) che recita "Come a Woodstock, ma si mangia meglio".
Considerando che in questi giorni ricorreva proprio il trentennale del celebre concerto, direi che è azzeccatissimo.
I Selton invece sono simpatici, ma non imperdibili, quindi decidiamo, insieme agli amici di Marta che nel frattempo ci hanno raggiunti, di mangiare e bere qualcosa.
Io faccio il padre di famiglia superscrupoloso e, per accompagnare una specie di piadina, mi bevo una Coca-Cola e mi compro dell'acqua di scorta.
Mentre mangiamo seguo un po' il concerto.
Finché i Selton suonano le cover brasiliane degli artisti sopracitati tutto bene: la gente si diverte, balla e fa casino, come si deve a un sano festival rock, mentre si attendono gli headliner della serata.
Quando invece suonano pezzi loro, sono abbastanza mediocri.
O meglio: non da meritare un palco così grande e una platea così ampia.
Nel cambio di palco mi avvicino alle transenne nella convinzione che da lì a poco avrei visto i miei beniamini, ma mi accorgo che c'è un secondo gruppo spalla.
Allora mi dedico a uno svogliato giro tra gli stand presenti.
Mi fanno un po' tristezza queste manifestazioni, perché noto che gli stand sono sempre molto simili, in barba al luogo in cui si trovino: mi sembra di vedere i soliti fricchettoni che ti vendono orecchini o borse o magliette o cose in pelle abbastanza anonime.
L'unica cosa veramente differente è la parte gastronomica. A parte il solito megastand tipo Festa dell'Unità con tanto di menù con salamella (ma qua c'è, giustamente, anche la carne di cinghiale) si possono trovare tanti mini stand (con code di gente decisamente più ridotte rispetto al megastand) dove servono ravioli di borragine, pesce fritto, vino locale, gnocchi o una sorta di piadina locale (quella che ho mangiato). L'odore che si sente nell'aria giustifica ampiamente il payoff "Come a Woodstock, ma si mangia meglio".
Nel frattempo hanno iniziato la loro performance i Fiamma Fumana: un gruppo folk che si avvale, rispetto ad altri gruppi del genere, di una consolle da dj. Che non esclude, la batteria, sia chiaro. Insomma, la base è sempre quella, con violino e fisarmonica, ma il suono è più moderno e un po' più complesso. Sono una specie di "Almamegretta" del folk.
Il risultato devo dire che non è niente male. Tanto che mi avvicino al palco per vederli e sentirli meglio. La gente, stracarica di vino o droghe leggere, li apprezza moltissimo, soprattutto perché quel tipo di musica gli consente di ballare a braccetto e fare un gran casino. E i Fiamma Fiumana, complice una scaletta in crescendo, sembrano dare sempre più gas, quasi ad incentivare i balli tipo quadriglia.
Chiudono la loro (per me fin troppo lunga) esibizione con una bella e toccante versione di "Bella ciao".
È oramai mezzanotte e mezza (un'ora in cui solitamente sono già a letto) quando finalmente salgono i Ministri.
L'incipit è molto simile al concerto di fine luglio: si parte con "Diritto al tetto" e "Bevo".
I ragazzi sono sempre in gran forma e, ovviamente, parte da subito un pogo feroce. Questa volta, però, lo sapevo e quindi mi ero preventivamente posizionato lateralmente.
L'energia è tanta, sia da parte del gruppo che da parte del pubblico. Il palco è decisamente più appropriato rispetto a quello misero su cui li avevo visti la prima volta. Il concerto quindi scorre molto bene e riesco a godermelo come vorrei.
Mi diverto a vedere gli altri che pogano e a sentire Davide (il cantante) che improvvisa simpatici siparietti con il pubblico.
Scaletta ampia, in cui trova spazio anche una cover ("Guns of Brixton" dei Clash), per un'ora e mezza di concerto + un bis dove il gruppo è rimasto a petto nudo nonostante faccia freschino (ma solo per chi come me sta fermo, of course).
Bello. Bravi.
Continuate così, se riuscite.
Un festival rock in Liguria e un gruppo del genere? L'occasione era troppo ghiotta per lasciarsela scappare.
Partiamo tardi da Savona, dove sono andato a prendere mia sorella all'uscita del lavoro, e impieghiamo quasi un'ora ad arrivare a Bardineto, dove si svolge il festival.
Siamo lì per le 22,00 e mi fiondo subito verso l'area concerti per vedere se per qualche caso il concerto fosse già iniziato o stesse per cominciare: stanno salendo sul palco i Selton, un gruppo brasiliano che, passando dall'Italia, si è innamorato delle canzoni di Iannacci, Cochi&Renato, etc.
La prima cosa che noto appropinquandomi al palco, però, sono i due striscioni ai lati del palco: c'è quello che scoprirò dopo essere il logo della manifestazione unito a una scritta meravigliosa (quello che in pubblicità chiamerebbero il payoff del Festival) che recita "Come a Woodstock, ma si mangia meglio".
Considerando che in questi giorni ricorreva proprio il trentennale del celebre concerto, direi che è azzeccatissimo.
I Selton invece sono simpatici, ma non imperdibili, quindi decidiamo, insieme agli amici di Marta che nel frattempo ci hanno raggiunti, di mangiare e bere qualcosa.
Io faccio il padre di famiglia superscrupoloso e, per accompagnare una specie di piadina, mi bevo una Coca-Cola e mi compro dell'acqua di scorta.
Mentre mangiamo seguo un po' il concerto.
Finché i Selton suonano le cover brasiliane degli artisti sopracitati tutto bene: la gente si diverte, balla e fa casino, come si deve a un sano festival rock, mentre si attendono gli headliner della serata.
Quando invece suonano pezzi loro, sono abbastanza mediocri.
O meglio: non da meritare un palco così grande e una platea così ampia.
Nel cambio di palco mi avvicino alle transenne nella convinzione che da lì a poco avrei visto i miei beniamini, ma mi accorgo che c'è un secondo gruppo spalla.
Allora mi dedico a uno svogliato giro tra gli stand presenti.
Mi fanno un po' tristezza queste manifestazioni, perché noto che gli stand sono sempre molto simili, in barba al luogo in cui si trovino: mi sembra di vedere i soliti fricchettoni che ti vendono orecchini o borse o magliette o cose in pelle abbastanza anonime.
L'unica cosa veramente differente è la parte gastronomica. A parte il solito megastand tipo Festa dell'Unità con tanto di menù con salamella (ma qua c'è, giustamente, anche la carne di cinghiale) si possono trovare tanti mini stand (con code di gente decisamente più ridotte rispetto al megastand) dove servono ravioli di borragine, pesce fritto, vino locale, gnocchi o una sorta di piadina locale (quella che ho mangiato). L'odore che si sente nell'aria giustifica ampiamente il payoff "Come a Woodstock, ma si mangia meglio".
Nel frattempo hanno iniziato la loro performance i Fiamma Fumana: un gruppo folk che si avvale, rispetto ad altri gruppi del genere, di una consolle da dj. Che non esclude, la batteria, sia chiaro. Insomma, la base è sempre quella, con violino e fisarmonica, ma il suono è più moderno e un po' più complesso. Sono una specie di "Almamegretta" del folk.
Il risultato devo dire che non è niente male. Tanto che mi avvicino al palco per vederli e sentirli meglio. La gente, stracarica di vino o droghe leggere, li apprezza moltissimo, soprattutto perché quel tipo di musica gli consente di ballare a braccetto e fare un gran casino. E i Fiamma Fiumana, complice una scaletta in crescendo, sembrano dare sempre più gas, quasi ad incentivare i balli tipo quadriglia.
Chiudono la loro (per me fin troppo lunga) esibizione con una bella e toccante versione di "Bella ciao".
È oramai mezzanotte e mezza (un'ora in cui solitamente sono già a letto) quando finalmente salgono i Ministri.
L'incipit è molto simile al concerto di fine luglio: si parte con "Diritto al tetto" e "Bevo".
I ragazzi sono sempre in gran forma e, ovviamente, parte da subito un pogo feroce. Questa volta, però, lo sapevo e quindi mi ero preventivamente posizionato lateralmente.
L'energia è tanta, sia da parte del gruppo che da parte del pubblico. Il palco è decisamente più appropriato rispetto a quello misero su cui li avevo visti la prima volta. Il concerto quindi scorre molto bene e riesco a godermelo come vorrei.
Mi diverto a vedere gli altri che pogano e a sentire Davide (il cantante) che improvvisa simpatici siparietti con il pubblico.
Scaletta ampia, in cui trova spazio anche una cover ("Guns of Brixton" dei Clash), per un'ora e mezza di concerto + un bis dove il gruppo è rimasto a petto nudo nonostante faccia freschino (ma solo per chi come me sta fermo, of course).
Bello. Bravi.
Continuate così, se riuscite.
21 agosto 2009
il re della spiaggia
Avete presente la sensazione di sentirsi desiderato? E di vedere la gente che ti indica dicendo "è arrivato"?
Beh, non avrei mai creduto di poterlo dire, ma questa sensazione la sto vivendo in questi giorni. Purtroppo non nei confronti di giovani donne avvenenti, come avrei sempre voluto.
Infatti, la media di età di coloro che mi aspettano in spiaggia è di circa 3/4 anni.
Sì, perché mi sono fatto una discreta nomea come costruttore di castelli di sabbia.
Ma non si tratta di opere mastodontiche, eh! Piccole costruzioni, con la torre e il laghetto in modo da diversificare il lavoro dei miei giovani manovali.
Sì perché lo scopo di tutto ciò è semplicemente quello di far giocare i bambini.
E allora ognuno fa qualcosa: c'è chi porta l'acqua, chi scava, chi costruisci i muri, etc.
E poi si gioca. Niente di che, insomma.
Quel tanto che basta per far stare i genitori (gli altri, of course) tranquilli per un'oretta o due e che basti a me per tornare a casa con il costume pieno di sabbia.
Beh, non avrei mai creduto di poterlo dire, ma questa sensazione la sto vivendo in questi giorni. Purtroppo non nei confronti di giovani donne avvenenti, come avrei sempre voluto.
Infatti, la media di età di coloro che mi aspettano in spiaggia è di circa 3/4 anni.
Sì, perché mi sono fatto una discreta nomea come costruttore di castelli di sabbia.
Ma non si tratta di opere mastodontiche, eh! Piccole costruzioni, con la torre e il laghetto in modo da diversificare il lavoro dei miei giovani manovali.
Sì perché lo scopo di tutto ciò è semplicemente quello di far giocare i bambini.
E allora ognuno fa qualcosa: c'è chi porta l'acqua, chi scava, chi costruisci i muri, etc.
E poi si gioca. Niente di che, insomma.
Quel tanto che basta per far stare i genitori (gli altri, of course) tranquilli per un'oretta o due e che basti a me per tornare a casa con il costume pieno di sabbia.
15 agosto 2009
tatoo
Ogni anno la situazione sembra precipitare: la tatoo mania dilaga a vista d'occhio.
Ormai sulla spiaggia è quasi impossibile trovare un ragazzo o una ragazza non tatuati (e sta contagiando anche gli over 40!).
Ma quello che più mi sconvolge è la mancanza di originalità:
- per le donne il tribale sul fondo schiena o un disegno "fantasia" (fiori, farfalle, folletti) sulla spalla;
- per gli uomini il tribale sul polpaccio o sulla spalla a ridosso del braccio.
Cioè: uno teoricamente si dovrebbe far tatuare qualcosa di originale o che maggiormente lo contraddistingue o qualcosa di imprescindibile nella sua vita (classico per i miei coetanei è il nome del figlio/a sull'avambraccio).
Invece no: ormai il tatuaggio è pura omologazione.
Evviva la diversità.
Ormai sulla spiaggia è quasi impossibile trovare un ragazzo o una ragazza non tatuati (e sta contagiando anche gli over 40!).
Ma quello che più mi sconvolge è la mancanza di originalità:
- per le donne il tribale sul fondo schiena o un disegno "fantasia" (fiori, farfalle, folletti) sulla spalla;
- per gli uomini il tribale sul polpaccio o sulla spalla a ridosso del braccio.
Cioè: uno teoricamente si dovrebbe far tatuare qualcosa di originale o che maggiormente lo contraddistingue o qualcosa di imprescindibile nella sua vita (classico per i miei coetanei è il nome del figlio/a sull'avambraccio).
Invece no: ormai il tatuaggio è pura omologazione.
Evviva la diversità.
14 agosto 2009
cartoline da Celle - 1
Insieme ad Anita torno dalla spiaggia.
Appena entriamo in casa, Elena si mostra tutta contenta e inizia a fare degli urletti di felicità.
Anita: "Hai visto Papà? Elena si è accontentata".
in foto: Anita in spiaggia
Appena entriamo in casa, Elena si mostra tutta contenta e inizia a fare degli urletti di felicità.
Anita: "Hai visto Papà? Elena si è accontentata".
in foto: Anita in spiaggia
31 luglio 2009
V per Vacanza
Anche quest'anno arrivo distrutto alle ferie.
Ogni anno è sempre lo stesso schema: il cliente vuole partire per le vacanze tranquillo e quindi noi dobbiamo impazzire per realizzare i vari lavori entro il giorno tale.
Adesso sono le 17,35 e ho quasi finito. Ho detto quasi. Poi devo andare a casa dove ho una serie di incombenze prepartenza che mi inquietano.
Stasera partirò probabilmente per mettermi in coda, ma chissenefrega.
Da quando arriverò nel caruggio, mi sentirò in vacanza.
Se avete bisogno di me, mi trovate a Celle Ligure.
Ciao.
Ogni anno è sempre lo stesso schema: il cliente vuole partire per le vacanze tranquillo e quindi noi dobbiamo impazzire per realizzare i vari lavori entro il giorno tale.
Adesso sono le 17,35 e ho quasi finito. Ho detto quasi. Poi devo andare a casa dove ho una serie di incombenze prepartenza che mi inquietano.
Stasera partirò probabilmente per mettermi in coda, ma chissenefrega.
Da quando arriverò nel caruggio, mi sentirò in vacanza.
Se avete bisogno di me, mi trovate a Celle Ligure.
Ciao.
30 luglio 2009
telefonate da ridere
Alle 19,00 di stasera mi chiama Dalia.
Sa che sono incasinato marcio e quasi seccato sto per risponderle male, ma sento del rumore di fondo.
La voce di Dalia un po' lontana mi dice "senti!".
In partica c'era Anita che saltava e ballava e Elena che rideva come una matta nel guardarla.
Son cose che ti cambiano la giornata.
Anche se si tratta di una giornata di merda come quella di oggi.
Sa che sono incasinato marcio e quasi seccato sto per risponderle male, ma sento del rumore di fondo.
La voce di Dalia un po' lontana mi dice "senti!".
In partica c'era Anita che saltava e ballava e Elena che rideva come una matta nel guardarla.
Son cose che ti cambiano la giornata.
Anche se si tratta di una giornata di merda come quella di oggi.
28 luglio 2009
i dischi della mia vita - achtung baby (1991)
Lo so che vi aspettavate "the Joshua Tree", lo so; anche quello (forse) arriverà tra le mie recensioni. Oggi voglio parlarvi di quello che secondo me è il più bell'album della band che ho amato più di tutte: gli U2.
Premessa storica: nel 1991, quando uscì quest'album io ero già in possesso di tutti i dischi degli U2: editi, inediti, rarità, bootleg e tutto quello che potete immaginare (tesoro tuttora custodito in casa mia).
Anzi, ero talmente fan che già mi ero quasi stancato: dopo il successo di "Joshua Tree" e il concerto di Modena del 1987 (il concerto, in assoluto), fu il tempo di "Rattle and Hum": un disco (seguito da film) interlocutorio e un po' autocelebrativo per i miei gusti, che non mi aveva entusiasmato fino in fondo.
A questo si aggiunga che quando uscì "The Fly", il primo singolo del nuovo album, la reazione fu alquanto freddina: dov'erano gli U2 in quel brano? che razza di singolo era? Non certo all'altezza di precedenti singoli come "Pride" o "With or Without You".
Insomma le aspettative non erano eccellenti.
Quando poi mi trovai in mano il compact disc rimasi ancora più colpito: ma che razza di copertina è? Sempre meno "U2". Eppoi l'ascolto: l'inizio con "Zoo Station" non prometteva niente di buono.
Ma a poco a poco l'amore riesplose e, anzi, fu uno di quei dischi (tanti, per carità) che ti conquistano ad ogni ascolto di più e così nel giro di un paio di mesi lo sapevo a memoria. Nota per nota. Parola per parola. Totalmente innamorato.
Come detto, "Zoo Station" lascia un po' perplessi: è una sorta di introduzione, non la considero una vera e propria canzone, benché mi piaccia. Di certo, all'epoca, serviva anche per familiarizzare con le nuove sonorità usate dalla band.
Con "Even better than the Real Thing" invece si entra nel pieno del disco: sento che sono gli U2, ma sento anche che sono diversi. E mi piacciono. Cazzo se mi piacciono!
Ed ecco arrivare il pezzo da novanta: "One". Canzone che tanto ho amato, ma che ormai non posso più sentire, perché negli anni è stata troppo ascoltata, celebrata, coverizzata, ecc.
"Until the End of the World" era ed è forse il pezzo che mi piace di più. Potrei esagerare e dire che è la canzone che più mi ricorda quel periodo: l'irrequietezza, non sapere cosa è giusto e cosa non è giusto, l'atmosfera di festa, rapporti non ben definiti... insomma tutto il tourbillon di emozioni che avevo nel mio primo anno "milanese".
"Who's gonna Ride your Wild Horses" è un pezzo della mia storia sentimentale. Mi ero da poco lasciato con la mia prima vera fidanzata e, come si conviene a una persona di vent'anni, incollai quelle parole al mio stato d'animo e ai miei pensieri. Ancora oggi non riesco a scindere questo binomio.
Poi arriva "So Cruel": un pezzo che, ancora di più, si stacca da tutto quello che gli U2 avevano concepito fino ad allora. Una batteria secca, più che essenziale, quasi elettronica, tiene il tempo per una canzone malinconica ma ben lungi dall'essere una ballata. Un "addio" all'amata (accusata di essere "così crudele") che non ha rimpianti; una canzone molto amara, che si chiude con un emblematico
"To stay with You I'd be a fool,
Sweetheart You're so Cruel"
Ed ecco "The Fly": ora sì che questa canzone ha senso. In questo contesto, in questo esatto punto della scaletta, questa canzone prende un significato: è una specie di intervallo allegro, divertente e che ritira su l'umore del disco.
È quasi un tutt'uno con la canzone che segue: "Mysterious Ways". Anche questa è un pezzo allegro, quasi facile, rispetto al resto del disco: un divertissement, direbbero le persone colte (tanto che nel tour c'era pure la ballerina danzante sul palco).
Molto carina anche "Tryin' to Throw your Arms around the World", molto leggera.
Dicono scritta a Berlino subito dopo la caduta del muro e che quindi risenta di questa nuova apertura nei confronti del mondo.
Eppoi c'è il trittico finale. Meraviglioso.
"Ultraviolet (Light My Way)" una canzone poco U2 ma che mi piacque parecchio.
"Acrobat" bella bella bellissima. L'altra mia favorita dell'album.
"Love is Blindness" canzone da piangere. Di quelle che ti strappano il cuore e lo buttano alle ortiche.
Insomma, non tutte le canzoni sono bellissime, ma non ce n'è una sbagliata. Una caratteristica che pochissimi dischi possono vantare.
27 luglio 2009
l'insostenibile concorrenza del pirata
Dalia pettina Anita.
Anita mi guarda e mi dice: "Devo pettinarmi perché se incontro il pirata e sono brutta poi lui non mi sposa".
Il pirata in questione è Johnny Depp, protagonista della trilogia dei Pirati dei Caraibi.
In pratica: a un'età in cui tutte le bambine sono innamorate del papà, Anita preferisce Johnny Depp.
Probabilmente è più intelligente di quanto io pensi.
Anita mi guarda e mi dice: "Devo pettinarmi perché se incontro il pirata e sono brutta poi lui non mi sposa".
Il pirata in questione è Johnny Depp, protagonista della trilogia dei Pirati dei Caraibi.
In pratica: a un'età in cui tutte le bambine sono innamorate del papà, Anita preferisce Johnny Depp.
Probabilmente è più intelligente di quanto io pensi.
24 luglio 2009
il bel canto
Come già detto, la rivelazione musicale dell'anno sono i milanesi Ministri.
Ne ho la conferma dopo averli visti ieri sera dal vivo, alla Festa di Liberazione della Brianza (che detto così, se uno non sapesse che c'è un giornale che si chiama Liberazione e considerando che in Brianza ci abita Silvio... vabbè lasciamo stare).
Arrivo con pochissimo anticipo a Osnago; ma quel tanto che basta per piazzarmi in prima fila, attaccato alla transenna, proprio davanti al microfono del cantante.
Mi guardo intorno: la platea è composta per il 90% da ragazzi di almeno 15 anni più giovani di me. Gli altri invece sono più piccoli. Chissà che cosa avranno pensato guardandomi.
Dopo un canonico quarto d'ora di ritardo, finalmente salgono sul palco i Ministri. Ad uno ad uno, in una sequenza data dall'ordine con cui i vari strumenti entrano in una melodia introduttiva al concerto.
L'intro musicale si trasforma gradatamente finché, devastante, non comincia "Diritto al Tetto".
E improvvisamente ho capito perché lì attaccato alla transenna non c'era nessuno: dopo 2 note un pogo selvaggio mi frana addosso con la potenza di un carrarmato.
Mi sposto leggermente di lato per godermi meglio il concerto.
La prime 4 canzoni sono molto tirate e coinvolgenti. Effettivamente viene voglia di pogare; o quanto meno di fare head banging (avendo i capelli, magari).
I Ministri sono in formissima. Non sembra assolutamente che stiano facendo una tournée quasi ininterrotta da febbraio. Il pubblico risponde alla grande, cantando a squarciagola tutte le canzoni, anche quelle più vecchie.
La scaletta è intensa e lascia fuori ben poco del loro album "Tempi Bui".
Alla fine il concerto dura solo un'ora, ma lascia veramente il segno. Adesso ho la soddisfazione di sapere che sono bravi anche dal vivo; e non solo: sembrano convinti di quello che cantano e di quello che fanno.
La serata è talmente calda, che sull'ultima canzone, alla fine della presentazione dei singoli membri della band, Davide (il cantante) guarda il pubblico urlante e adorante e dice "e fatemelo fare 'sto giro, va'!" e si lancia in uno stage diving degno di un concerto di inizio anni '90.
Torno a casa felice e con il desiderio di rivederli quanto prima.
Ne ho la conferma dopo averli visti ieri sera dal vivo, alla Festa di Liberazione della Brianza (che detto così, se uno non sapesse che c'è un giornale che si chiama Liberazione e considerando che in Brianza ci abita Silvio... vabbè lasciamo stare).
Arrivo con pochissimo anticipo a Osnago; ma quel tanto che basta per piazzarmi in prima fila, attaccato alla transenna, proprio davanti al microfono del cantante.
Mi guardo intorno: la platea è composta per il 90% da ragazzi di almeno 15 anni più giovani di me. Gli altri invece sono più piccoli. Chissà che cosa avranno pensato guardandomi.
Dopo un canonico quarto d'ora di ritardo, finalmente salgono sul palco i Ministri. Ad uno ad uno, in una sequenza data dall'ordine con cui i vari strumenti entrano in una melodia introduttiva al concerto.
L'intro musicale si trasforma gradatamente finché, devastante, non comincia "Diritto al Tetto".
E improvvisamente ho capito perché lì attaccato alla transenna non c'era nessuno: dopo 2 note un pogo selvaggio mi frana addosso con la potenza di un carrarmato.
Mi sposto leggermente di lato per godermi meglio il concerto.
La prime 4 canzoni sono molto tirate e coinvolgenti. Effettivamente viene voglia di pogare; o quanto meno di fare head banging (avendo i capelli, magari).
I Ministri sono in formissima. Non sembra assolutamente che stiano facendo una tournée quasi ininterrotta da febbraio. Il pubblico risponde alla grande, cantando a squarciagola tutte le canzoni, anche quelle più vecchie.
La scaletta è intensa e lascia fuori ben poco del loro album "Tempi Bui".
Alla fine il concerto dura solo un'ora, ma lascia veramente il segno. Adesso ho la soddisfazione di sapere che sono bravi anche dal vivo; e non solo: sembrano convinti di quello che cantano e di quello che fanno.
La serata è talmente calda, che sull'ultima canzone, alla fine della presentazione dei singoli membri della band, Davide (il cantante) guarda il pubblico urlante e adorante e dice "e fatemelo fare 'sto giro, va'!" e si lancia in uno stage diving degno di un concerto di inizio anni '90.
Torno a casa felice e con il desiderio di rivederli quanto prima.
22 luglio 2009
Soulwax
Mi sono sempre piaciuti i Soulwax. Specialmente per la loro poliedricità.
La leggerezza con cui si spostano dal pop/rock all'elettronica è notevole; e, abbracciando due campi musicali che mi interessano, questa cosa li ha sempre resi interessanti alle mie orecchie.
Vagando su internet scopro anche un video molto carino che fino ad ora mi era sfuggito.
Lo allego, per chi fosse interessato.
La leggerezza con cui si spostano dal pop/rock all'elettronica è notevole; e, abbracciando due campi musicali che mi interessano, questa cosa li ha sempre resi interessanti alle mie orecchie.
Vagando su internet scopro anche un video molto carino che fino ad ora mi era sfuggito.
Lo allego, per chi fosse interessato.
20 luglio 2009
capodanno 1989
Un ricordo che ancora adesso, a distanza di anni, mi fa ridere ma anche un po' commuovere è legato alla festa per il Capodanno 1989.
Eravamo una masnada di amici a casa di mio nonno, a Celle; quella che pochi anni dopo sarebbe diventata la casa dei miei genitori, dove vivono tutt'ora.
All'epoca era una sorta di rifugium peccatorum per me o miei fratelli nel caso volessimo organizzare feste (appunto) o altre cose.
Dicevo: eravamo un manipolo di dementi che si impossessò della casa per farci la classica festa trogloditica dove chi rimane sobrio perde.
E uno pensa: hai diciannove anni, sei nel pieno dell'esplosione di ormoni (ero pure fidanzato, all'epoca) e non vedi l'ora di fare un po' di casino con gli amici e magari anche becciare con la tua fidanzata.
Niente di tutto ciò.
Allo scoccare della mezzanotte, invece dei baci sotto il vischio, Giovanni corre a prendere la radio e la accende. Anch'io - fatti gli auguri di rito - mi avvicino a lui: lo scopo è sentire il concerto di Capodanno degli U2, in diretta da Dublino.
Eh, lo so: ero un fan sfegatato e avrei dato qualsiasi cosa per essere a quel concerto.
All'epoca non esistevano i voli Ryan Air e roba del genere.
Oltretutto io avevo 18 anni e Giovanni 15 quindi non è che potessimo fare chissà che cosa.
Tutto questo per dire che cosa? Che a distanza di anni, quel concerto, grazie a Youtube, ha anche una sua forma visiva.
E rivederlo adesso non può che emozionarmi, come dicevo e farmi sorridere.
Giovanni, tutto per te:
post scriptum: mi ricordo ancora il finale di questa canzone, quando Bono dice "I wanna go there with You" (pronunciato: Ai uonna gòder uid iù) e Giovanni che dice "Hai sentito? ha detto Voglio godere con te"
Eravamo una masnada di amici a casa di mio nonno, a Celle; quella che pochi anni dopo sarebbe diventata la casa dei miei genitori, dove vivono tutt'ora.
All'epoca era una sorta di rifugium peccatorum per me o miei fratelli nel caso volessimo organizzare feste (appunto) o altre cose.
Dicevo: eravamo un manipolo di dementi che si impossessò della casa per farci la classica festa trogloditica dove chi rimane sobrio perde.
E uno pensa: hai diciannove anni, sei nel pieno dell'esplosione di ormoni (ero pure fidanzato, all'epoca) e non vedi l'ora di fare un po' di casino con gli amici e magari anche becciare con la tua fidanzata.
Niente di tutto ciò.
Allo scoccare della mezzanotte, invece dei baci sotto il vischio, Giovanni corre a prendere la radio e la accende. Anch'io - fatti gli auguri di rito - mi avvicino a lui: lo scopo è sentire il concerto di Capodanno degli U2, in diretta da Dublino.
Eh, lo so: ero un fan sfegatato e avrei dato qualsiasi cosa per essere a quel concerto.
All'epoca non esistevano i voli Ryan Air e roba del genere.
Oltretutto io avevo 18 anni e Giovanni 15 quindi non è che potessimo fare chissà che cosa.
Tutto questo per dire che cosa? Che a distanza di anni, quel concerto, grazie a Youtube, ha anche una sua forma visiva.
E rivederlo adesso non può che emozionarmi, come dicevo e farmi sorridere.
Giovanni, tutto per te:
post scriptum: mi ricordo ancora il finale di questa canzone, quando Bono dice "I wanna go there with You" (pronunciato: Ai uonna gòder uid iù) e Giovanni che dice "Hai sentito? ha detto Voglio godere con te"
17 luglio 2009
involuzione
Penso che stiamo toccando il fondo.
Ieri c'è stata la presentazione del calendario di Cristina Dal Basso.
E chi è, direte voi? È una che ha partecipato al Grande Fratello (nona edizione).
E cosa sa fare? Assolutamente niente.
Allora è figa? Neanche.
Allora perché fa un calendario? Perché porta la 5° di reggiseno.
Un fenomeno della natura? Neanche: si è rifatta!
In pratica: una volta eccellevano le donne belle e intelligenti.
Poi, grazie alla cultura dell'immagine, hanno iniziato ad avere più spazio le donne belle e basta.
Adesso salgono alla ribalta quelle che non sono neanche belle, ma la cui unica qualità è avere le tette grosse. (e pure rifatte).
Stiamo implodendo.
Ieri c'è stata la presentazione del calendario di Cristina Dal Basso.
E chi è, direte voi? È una che ha partecipato al Grande Fratello (nona edizione).
E cosa sa fare? Assolutamente niente.
Allora è figa? Neanche.
Allora perché fa un calendario? Perché porta la 5° di reggiseno.
Un fenomeno della natura? Neanche: si è rifatta!
In pratica: una volta eccellevano le donne belle e intelligenti.
Poi, grazie alla cultura dell'immagine, hanno iniziato ad avere più spazio le donne belle e basta.
Adesso salgono alla ribalta quelle che non sono neanche belle, ma la cui unica qualità è avere le tette grosse. (e pure rifatte).
Stiamo implodendo.
16 luglio 2009
incontri
È strano: in questi giorni sto incontrando per caso alcune persone "famose".
L'altra sera all'aperitivo sui Naviglio abbiamo visto Cesare Cadeo: un personaggio totalmente Mediaset. Tanto che stenti a credere che esista tutto intero; e che non sia composto solo da un mezzobusto ingessato.
Ieri sera, mentre ero in motorino ho incontrato Faso degli Elio e le Storie Tese, sulla sua Vespa Gran Turismo grigia, che faceva la mia stessa strada. Al primo semaforo l'ho riconosciuto; al secondo mi sono trattenuto dal dirgli qualcosa; al terzo non ce l'ho fatta e ho dovuto chiedergli di chi è la voce che nell'ultimo disco fa il finto intervento in stile "Amici" (per soddisfare una curiosità nata tempo fa sul forum dei Dinosauri).
È stato molto gentile e simpatico. Un punto per lui.
Ma l'incontro più significativo è stato settimana scorsa: sempre in motorino, fermo a un semaforo un signore un po' anziano attraversa la strada in bicicletta.
Lì per lì mi dico "questo lo conosco" e penso al padre di qualche amico.
Poi la mia mente lo ripulisce di barba bianca e gli tinge i capelli di nero ed eccolo: Gianni Vasino! Indimenticabile inviato (da Milano, appunto) di novantesimo minuto.
Non sono riuscito a trattenere un sorrisone e, guardandolo in faccia, dirgli "mitico!".
Mi ha guardato e mi ha sorriso.
L'altra sera all'aperitivo sui Naviglio abbiamo visto Cesare Cadeo: un personaggio totalmente Mediaset. Tanto che stenti a credere che esista tutto intero; e che non sia composto solo da un mezzobusto ingessato.
Ieri sera, mentre ero in motorino ho incontrato Faso degli Elio e le Storie Tese, sulla sua Vespa Gran Turismo grigia, che faceva la mia stessa strada. Al primo semaforo l'ho riconosciuto; al secondo mi sono trattenuto dal dirgli qualcosa; al terzo non ce l'ho fatta e ho dovuto chiedergli di chi è la voce che nell'ultimo disco fa il finto intervento in stile "Amici" (per soddisfare una curiosità nata tempo fa sul forum dei Dinosauri).
È stato molto gentile e simpatico. Un punto per lui.
Ma l'incontro più significativo è stato settimana scorsa: sempre in motorino, fermo a un semaforo un signore un po' anziano attraversa la strada in bicicletta.
Lì per lì mi dico "questo lo conosco" e penso al padre di qualche amico.
Poi la mia mente lo ripulisce di barba bianca e gli tinge i capelli di nero ed eccolo: Gianni Vasino! Indimenticabile inviato (da Milano, appunto) di novantesimo minuto.
Non sono riuscito a trattenere un sorrisone e, guardandolo in faccia, dirgli "mitico!".
Mi ha guardato e mi ha sorriso.
13 luglio 2009
quando si ama
Quando si ama troppo una canzone, una sensazione, un momento.
Ecco cosa può succedere: guidi in macchina guardando l'alba.
Sei talmente estasiato da tale visione che una canzone come "Tears in Heaven" ti può far commuovere.
E pensi che chissenefrega se sei in riserva; una canzone del genere mica può essere interrotta.
Una sensazione del genere non può essere interrotta.
E finisci senza benzina poco prima di arrivare all'autogrill successivo.
Ah, tranquilli, ho il BiFuel.
Ovvero: ero rimasto senza Gas e sono andato a benzina per quei pochi chilometri che mi sono rimasti.
Va bene l'emozione e quant'altro. Ma mica sono pirla del tutto.
ForZe.
Ecco cosa può succedere: guidi in macchina guardando l'alba.
Sei talmente estasiato da tale visione che una canzone come "Tears in Heaven" ti può far commuovere.
E pensi che chissenefrega se sei in riserva; una canzone del genere mica può essere interrotta.
Una sensazione del genere non può essere interrotta.
E finisci senza benzina poco prima di arrivare all'autogrill successivo.
Ah, tranquilli, ho il BiFuel.
Ovvero: ero rimasto senza Gas e sono andato a benzina per quei pochi chilometri che mi sono rimasti.
Va bene l'emozione e quant'altro. Ma mica sono pirla del tutto.
ForZe.
07 luglio 2009
la Franca
Secondo me esiste un grosso malinteso che fa sì che si tenda a definire un "carattere forte" quello che in realtà è un "carattere di merda".
Mi spiego meglio: ieri a pranzo si parlava di una persona, appunto, "dal carattere un po' forte" e io dentro di me ho pensato "toh!, che bell'eufemismo; in realtà ha un carattere di merda o - lievemente edulcorato - potremmo definirlo aggressivo".
E da lì ho pensato che in realtà un carattere forte ce l'ha mia madre: la Franca.
Mia madre infatti ha diverse qualità positive, ma una col tempo è uscita fuori ed è appunto quella del carattere.
Quando ero piccolino vedevo in mio padre il pilastro su cui si basava la famiglia; lui e la sua solidità. Anche severo, per carità, però lo vedevo come quello insostituibile, fondamentale.
E mia madre era la sua spalla. Persona dolce e comprensiva, ma sempre di lato a lui.
Col tempo, invece - non me ne voglia mio padre - ho apprezzato sempre di più mia mamma.
E in particolare quella sua peculiarità di non scalfirsi di fronte a nulla; e di essere sempre positiva.
Mia mamma infatti (non so come faccia) riesce sempre ad affrontare qualsiasi persona come se la conoscesse per la prima volta e con il sorriso sulle labbra.
Anche se ha subìto dei torti, lei va incontro alle persone "disarmata". Senza pregiudizi nei confronti di nessuno.
Si potrebbero tirare in ballo i princìpi cristiani, per spiegare questo atteggiamento, ma secondo me sarebbe troppo semplicistico. In realtà lei ha un carattere magnifico e ce l'ha tatuato nel suo DNA.
Altrimenti non si spiegherebbe la masnada di gente che ha negli anni invaso casa nostra: chi aveva problemi familiari (un altro eufemismo, oibò); chi a casa sua non stava bene; chi non sapeva dove altro andare, eccetera.
Invasioni pacifiche, sia chiaro. Le persone che albergavano da noi erano spesso nostri coetanei, quindi noi bambini eravamo ben felici di aver qualcun'altro con cui giocare.
E mia madre apriva le porte a tutti.
E allo stesso modo, quando qualcuno parla male di un altro, magari usando toni un po' troppo diretti (Andrea, ti fischiano le orecchie?), lei cerca sempre di rasserenare la situazione.
Ho bene impressa la sua espressione quando scuote la testa, socchiudendo gli occhi, e poi se ne esce con frasi del tipo: "Ma no, dai, non è così..."
Penso sia l'unica in Italia ancora convinta che Andreotti non sia mafioso.
All'epoca, quando le sbandieravo in faccia i titoli dei giornali, lei replicava: "Io non ci credo. Ma se va a messa tutte le domeniche! Non può essere una persona cattiva."
Lo so: sto iniziando a dilungarmi, anche se questo sarebbe solo l'inizio, riguardo alle cose che avrei da dire su mia madre.
Ve ne racconto una e poi basta.
Recentemente ho trovato un soldatino di (penso) alluminio; un soldatino delle crociate, splendido nella sua armatura; con tanto di mazza chiodata e scudo con lo stemma.
Lo faccio vedere a mia madre e lei dice: "Cero che me lo ricordo. Ve li aveva regalati Alberto (nome inventato)".
E io: "Alberto chi?"
Lei: "Quel ragazzone alto; che è stato qua da noi tre settimane in luglio; biondo..."
Inizia ad affiorare qualcosa. Dico: "Sì, più o meno mi ricordo.
...
Ma...
...mamma?"
Lei: "sì?"
Io: "...
...
Cosa ci faceva un ragazzo in casa nostra per tre settimane? Chi era?"
Lei: "Era un ragazzo di Vercelli, che aveva la fidanzata che faceva la stagione qua*".
Io: "e allora?"
Lei: "Ma niente: non aveva un posto dove andare a dormire e non trovava niente; allora è andato dal Parroco a chiedere se poteva farlo dormire in un alloggio di fortuna; solo che io ero lì e... non è che potevamo lasciarlo in mezzo a una strada..."
Io: "..."
Lei: "era molto simpatico. E poi vi aveva regalato quei soldatini, che eravate diventati matti"
Per concludere - e perdonatemi se vado un po' sul melenso - come aveva detto una volta Davide, uno dei ragazzi che transitava spesso per casa nostra, "se è vero che ognuno ha un suo posticino in Paradiso, a tua madre stanno preparando un albergo!".
*fare la stagione: lavorare per il tempo della stagione estiva.
Si dice di ragazzi, magari studenti, che vengono in riviera solo d'estate per lavorare due o tre mesi.
foto by Dria
Mi spiego meglio: ieri a pranzo si parlava di una persona, appunto, "dal carattere un po' forte" e io dentro di me ho pensato "toh!, che bell'eufemismo; in realtà ha un carattere di merda o - lievemente edulcorato - potremmo definirlo aggressivo".
E da lì ho pensato che in realtà un carattere forte ce l'ha mia madre: la Franca.
Mia madre infatti ha diverse qualità positive, ma una col tempo è uscita fuori ed è appunto quella del carattere.
Quando ero piccolino vedevo in mio padre il pilastro su cui si basava la famiglia; lui e la sua solidità. Anche severo, per carità, però lo vedevo come quello insostituibile, fondamentale.
E mia madre era la sua spalla. Persona dolce e comprensiva, ma sempre di lato a lui.
Col tempo, invece - non me ne voglia mio padre - ho apprezzato sempre di più mia mamma.
E in particolare quella sua peculiarità di non scalfirsi di fronte a nulla; e di essere sempre positiva.
Mia mamma infatti (non so come faccia) riesce sempre ad affrontare qualsiasi persona come se la conoscesse per la prima volta e con il sorriso sulle labbra.
Anche se ha subìto dei torti, lei va incontro alle persone "disarmata". Senza pregiudizi nei confronti di nessuno.
Si potrebbero tirare in ballo i princìpi cristiani, per spiegare questo atteggiamento, ma secondo me sarebbe troppo semplicistico. In realtà lei ha un carattere magnifico e ce l'ha tatuato nel suo DNA.
Altrimenti non si spiegherebbe la masnada di gente che ha negli anni invaso casa nostra: chi aveva problemi familiari (un altro eufemismo, oibò); chi a casa sua non stava bene; chi non sapeva dove altro andare, eccetera.
Invasioni pacifiche, sia chiaro. Le persone che albergavano da noi erano spesso nostri coetanei, quindi noi bambini eravamo ben felici di aver qualcun'altro con cui giocare.
E mia madre apriva le porte a tutti.
E allo stesso modo, quando qualcuno parla male di un altro, magari usando toni un po' troppo diretti (Andrea, ti fischiano le orecchie?), lei cerca sempre di rasserenare la situazione.
Ho bene impressa la sua espressione quando scuote la testa, socchiudendo gli occhi, e poi se ne esce con frasi del tipo: "Ma no, dai, non è così..."
Penso sia l'unica in Italia ancora convinta che Andreotti non sia mafioso.
All'epoca, quando le sbandieravo in faccia i titoli dei giornali, lei replicava: "Io non ci credo. Ma se va a messa tutte le domeniche! Non può essere una persona cattiva."
Lo so: sto iniziando a dilungarmi, anche se questo sarebbe solo l'inizio, riguardo alle cose che avrei da dire su mia madre.
Ve ne racconto una e poi basta.
Recentemente ho trovato un soldatino di (penso) alluminio; un soldatino delle crociate, splendido nella sua armatura; con tanto di mazza chiodata e scudo con lo stemma.
Lo faccio vedere a mia madre e lei dice: "Cero che me lo ricordo. Ve li aveva regalati Alberto (nome inventato)".
E io: "Alberto chi?"
Lei: "Quel ragazzone alto; che è stato qua da noi tre settimane in luglio; biondo..."
Inizia ad affiorare qualcosa. Dico: "Sì, più o meno mi ricordo.
...
Ma...
...mamma?"
Lei: "sì?"
Io: "...
...
Cosa ci faceva un ragazzo in casa nostra per tre settimane? Chi era?"
Lei: "Era un ragazzo di Vercelli, che aveva la fidanzata che faceva la stagione qua*".
Io: "e allora?"
Lei: "Ma niente: non aveva un posto dove andare a dormire e non trovava niente; allora è andato dal Parroco a chiedere se poteva farlo dormire in un alloggio di fortuna; solo che io ero lì e... non è che potevamo lasciarlo in mezzo a una strada..."
Io: "..."
Lei: "era molto simpatico. E poi vi aveva regalato quei soldatini, che eravate diventati matti"
Per concludere - e perdonatemi se vado un po' sul melenso - come aveva detto una volta Davide, uno dei ragazzi che transitava spesso per casa nostra, "se è vero che ognuno ha un suo posticino in Paradiso, a tua madre stanno preparando un albergo!".
*fare la stagione: lavorare per il tempo della stagione estiva.
Si dice di ragazzi, magari studenti, che vengono in riviera solo d'estate per lavorare due o tre mesi.
foto by Dria
06 luglio 2009
So you ride yourselves over the fields
Questi weekend di luglio si stanno rivelando delle minivacanze: partire da Milano il venerdì pomeriggio e tornare il lunedì mattina rendono il fine settimana molto più di uno "stacco" dal lavoro.
Il venerdì prima di uscire dell'ufficio mi faccio un elenco delle cose che mi devo ricordare il lunedì mattina, sennò rischio di passare per un lobotomizzato, con gente che mi chiama e mi chiede "mi mandi quel file?" e io cado dal pero.
Ma torniamo a noi e al mio argomento preferito (a parte le figlie), ovvero la musica.
Una cosa che non sapete e che mi piace raccontarvi, anche a costo di fare la figura dell'imbecille, è la selezione delle musiche per il viaggio in macchina.
Non sapete con quanta meticolosità indugio sui cd da portarmi in macchina per i tragitti Milano-Celle e ritorno.
La difficoltà (son problemi, eh!) consiste nel trovare, già al venerdì, un disco che avrò voglia di ascoltare il lunedì mattina.
Considerando che ho il bioritmo lento, dev'essere qualcosa di pacato; o quantomeno un disco in crescendo.
E poi sono un rompicoglioni: mica mi accontento di un disco a caso.
Dev'essere un disco che non mi stanca; ma anche un disco che non ho ascoltato recentemente; e dev'essere adatto alla guida (per esempio: se troppo lento, rischio di addormentarmi).
Per farla breve: stamattina ho scomodato un grande gruppo.
E - beh! - caspita se c'ho azzeccato: è stato un bel compagno di viaggio, non c'è che dire.
per chi non lo riconoscesse dalla copertina "Thick as a Brick" dei Jethro Tull.
Il venerdì prima di uscire dell'ufficio mi faccio un elenco delle cose che mi devo ricordare il lunedì mattina, sennò rischio di passare per un lobotomizzato, con gente che mi chiama e mi chiede "mi mandi quel file?" e io cado dal pero.
Ma torniamo a noi e al mio argomento preferito (a parte le figlie), ovvero la musica.
Una cosa che non sapete e che mi piace raccontarvi, anche a costo di fare la figura dell'imbecille, è la selezione delle musiche per il viaggio in macchina.
Non sapete con quanta meticolosità indugio sui cd da portarmi in macchina per i tragitti Milano-Celle e ritorno.
La difficoltà (son problemi, eh!) consiste nel trovare, già al venerdì, un disco che avrò voglia di ascoltare il lunedì mattina.
Considerando che ho il bioritmo lento, dev'essere qualcosa di pacato; o quantomeno un disco in crescendo.
E poi sono un rompicoglioni: mica mi accontento di un disco a caso.
Dev'essere un disco che non mi stanca; ma anche un disco che non ho ascoltato recentemente; e dev'essere adatto alla guida (per esempio: se troppo lento, rischio di addormentarmi).
Per farla breve: stamattina ho scomodato un grande gruppo.
E - beh! - caspita se c'ho azzeccato: è stato un bel compagno di viaggio, non c'è che dire.
per chi non lo riconoscesse dalla copertina "Thick as a Brick" dei Jethro Tull.
03 luglio 2009
potrebbe bastare
È stata una settimana, come dicevo, all'insegna del cinema.
In 3 giorni ho visto: Gran Torino, Il Giardino di Limoni e The Reader.
E, visto che il mio intento estivo è recuperare le serate cinematografiche che mi sono perso durante l'inverno, sinceramente potrei dire di averne già abbastanza.
Perché dopo 3 pellicole del genere sono già sazio di cinema; ma con "cinema" intendo quello vero, fatto con cura, emozionante e (per me, spettatore) gratificante.
E questi tre bellissimi film, comunque molto differenti tra loro, mi hanno già largamente messo in pace con la settima arte.
Questo ovviamente non mi impedirà di proseguire con le proiezioni. Anzi.
nella foto: Kate Winslet e David Kross nel magnifico "The Reader".
In 3 giorni ho visto: Gran Torino, Il Giardino di Limoni e The Reader.
E, visto che il mio intento estivo è recuperare le serate cinematografiche che mi sono perso durante l'inverno, sinceramente potrei dire di averne già abbastanza.
Perché dopo 3 pellicole del genere sono già sazio di cinema; ma con "cinema" intendo quello vero, fatto con cura, emozionante e (per me, spettatore) gratificante.
E questi tre bellissimi film, comunque molto differenti tra loro, mi hanno già largamente messo in pace con la settima arte.
Questo ovviamente non mi impedirà di proseguire con le proiezioni. Anzi.
nella foto: Kate Winslet e David Kross nel magnifico "The Reader".
01 luglio 2009
Michael Jackson, 1958-2009
Michelino figlio di Giacomo non l'ho mai amato particolarmente, eccezion fatta per quel capolavoro di album che è "Thriller". Quello mi piacque parecchio.
Ma probabilmente - visto il successo planetario - è stato l'inizio del suo declino. Come uomo, intendo. Anzi: come ragazzo che non ha mai avuto un infanzia normale.
Cioè: anche da come si vestiva, si capiva che era un deficiente; o semplicemente un ragazzino cresciuto. La classica sindrome di Peter Pan.
Solo che Peter Pan non aveva le pigne nel cervello.
O forse era semplicemente meno tamarro.
O forse non guadagnava miliardi, ergo non era circondato da sciacalli di ogni genere e discografici che si fregavano le mani ogni volta che lui faceva una scoreggia.
Insomma: sicuramente è stato una vittima dello star system.
Sicuramente era circondato da gente che lo assecondava o che cercava di spillargli più soldi possibile, dato che lui era (e da morto la cosa peggiorerà) una macchina da soldi.
Però a me non è mai piaciuto. A parte "Thriller" appunto.
Anzi: ogni volta che sentivo un urletto o un "dah" mi innervosiva.
Addio Michael. Non mi mancherai.
Ma probabilmente - visto il successo planetario - è stato l'inizio del suo declino. Come uomo, intendo. Anzi: come ragazzo che non ha mai avuto un infanzia normale.
Cioè: anche da come si vestiva, si capiva che era un deficiente; o semplicemente un ragazzino cresciuto. La classica sindrome di Peter Pan.
Solo che Peter Pan non aveva le pigne nel cervello.
O forse era semplicemente meno tamarro.
O forse non guadagnava miliardi, ergo non era circondato da sciacalli di ogni genere e discografici che si fregavano le mani ogni volta che lui faceva una scoreggia.
Insomma: sicuramente è stato una vittima dello star system.
Sicuramente era circondato da gente che lo assecondava o che cercava di spillargli più soldi possibile, dato che lui era (e da morto la cosa peggiorerà) una macchina da soldi.
Però a me non è mai piaciuto. A parte "Thriller" appunto.
Anzi: ogni volta che sentivo un urletto o un "dah" mi innervosiva.
Addio Michael. Non mi mancherai.
26 giugno 2009
Arianteo 2009 - appendice
Devo aver rotto le scatole talmente tanto quest'anno e lo scorso con il cinema all'aperto che ieri sera alcuni miei amici mi hanno regalato un abbonamento all'Arianteo.
Quando si dice un regalo sicuro.
Quando si dice un regalo sicuro.
25 giugno 2009
Arianteo 2009
Finalmente ricomincia il cinema all'aperto.
Ieri sera sono andato all'Apollo (cinema "gemellato" con l'Anteo) e ho trovato il programma dell'Arianteo: 3 sale per chi ama il cinema en plein air.
Per chi non lo sapesse, la grande differenza tra questi cinema e una sala normale, oltre ovviamente alla location, è che la programmazione prevede una sola proiezione e per un'unica serata. Quindi 3 films a disposizione in un giorno, 6 in 2 giorni e via dicendo.
Da ieri sera come uno scemo mi sto studiando i programmi e di conseguenza le future serate di questa estate. Anche se so già che, come l'anno scorso, in realtà riuscirò a vedere la metà dei film che vorrei.
Si dovrebbe cominciare il 1° luglio con "Il Giardino di Limoni" (o "Gran Torino"?) e il 2 con "The Reader" (o "Louise Michel"?)
L'attesa cresce.
in foto: la sala "Umanitaria" nel chiostro di via San Barnaba.
Ieri sera sono andato all'Apollo (cinema "gemellato" con l'Anteo) e ho trovato il programma dell'Arianteo: 3 sale per chi ama il cinema en plein air.
Per chi non lo sapesse, la grande differenza tra questi cinema e una sala normale, oltre ovviamente alla location, è che la programmazione prevede una sola proiezione e per un'unica serata. Quindi 3 films a disposizione in un giorno, 6 in 2 giorni e via dicendo.
Da ieri sera come uno scemo mi sto studiando i programmi e di conseguenza le future serate di questa estate. Anche se so già che, come l'anno scorso, in realtà riuscirò a vedere la metà dei film che vorrei.
Si dovrebbe cominciare il 1° luglio con "Il Giardino di Limoni" (o "Gran Torino"?) e il 2 con "The Reader" (o "Louise Michel"?)
L'attesa cresce.
in foto: la sala "Umanitaria" nel chiostro di via San Barnaba.
23 giugno 2009
belgi
In questi giorni sto lavorando con un fotografo belga, che abita in Italia dalla fine degli anni '60.
Una domanda: ma se Sabien (mia cognata), belga pure lei, che ha vissuto in Italia per 28 anni, parla un italiano perfetto, tanto che non si capisce che sia straniera, perché questo fotografo parla ancora con le parole biascicate, come Mal dei Primitives?
Una domanda: ma se Sabien (mia cognata), belga pure lei, che ha vissuto in Italia per 28 anni, parla un italiano perfetto, tanto che non si capisce che sia straniera, perché questo fotografo parla ancora con le parole biascicate, come Mal dei Primitives?
22 giugno 2009
l'alba, la focaccia e Nutini
Partito stamattina alle 6,30 da Celle Ligure, con la macchina carica di focaccia, mi lascio alle spalle un'alba magnifica su Celle addormentata.
Cominciano così i miei lunedì mattina da bauscia che torna a Milano, mentre la famiglia rimane al mare.
Sabato infatti abbiamo completato la transumanza: siamo partiti da Milano alle 8,00 di mattina con la macchina stracarica di ogni tipo di armamentario (e ancora ce ne manca: il resto lo dovrò portare il prossimo weekend).
Io comincio le mie settimane da solo in città. Un po' invidiando loro al mare e un po' godendomi la libertà di uscire, frequentare amici, andare al cinema e quant'altro senza dovermi sentire la responsabilità di una famiglia a casa che mi aspetta.
Stamattina, a farmi compagnia in macchina (insieme all'odore di focaccia) l'ultimo disco di Paolo Nutini. Ideale per un incipit tranquillo, pensando agli affari propri.
Sul blog di Angelo ne trovate una bellissima recensione. O, se non bellissima, se non altro una recensione che condivido in pieno.
Cominciano così i miei lunedì mattina da bauscia che torna a Milano, mentre la famiglia rimane al mare.
Sabato infatti abbiamo completato la transumanza: siamo partiti da Milano alle 8,00 di mattina con la macchina stracarica di ogni tipo di armamentario (e ancora ce ne manca: il resto lo dovrò portare il prossimo weekend).
Io comincio le mie settimane da solo in città. Un po' invidiando loro al mare e un po' godendomi la libertà di uscire, frequentare amici, andare al cinema e quant'altro senza dovermi sentire la responsabilità di una famiglia a casa che mi aspetta.
Stamattina, a farmi compagnia in macchina (insieme all'odore di focaccia) l'ultimo disco di Paolo Nutini. Ideale per un incipit tranquillo, pensando agli affari propri.
Sul blog di Angelo ne trovate una bellissima recensione. O, se non bellissima, se non altro una recensione che condivido in pieno.
19 giugno 2009
me lo dici?
Una frase che mi piace tanto e che Anita usa spesso da un mesetto a questa parte è: "me lo dici anche se non lo sai?"
Facico un esempio.
Ieri sera tornavamo a casa a piedi, dopo essere stati a cena da amici. Passiamo di fianco a un muro pieno di graffiti.
Anita: "Papà, perché quel muro è pieno di disegni?"
io: "Non lo so".
lei: "Me lo dici anche se non lo sai?"
e io: "Perché è passato un ragazzo è ha pensato che quel muro era un po' brutto e bisognava renderlo più allegro. E così..." Etc, etc.
A parte lo sforzo di inventiva cui questa frase mi sottopone ogni volta, mi piace quando Anita mi chiede queste cose. Mi fa tenerezza.
E soprattutto mi fa pensare quanto (almeno fino all'età scolare) i bambini vedano nei propri genitori una chiave d'accesso a qualsiasi cosa. Volenti o nolenti siamo il loro filtro nei confronti del resto del mondo.
nella foto: Anita e sua cugina nonché compagna di giochi Ginevra, al parco.
Facico un esempio.
Ieri sera tornavamo a casa a piedi, dopo essere stati a cena da amici. Passiamo di fianco a un muro pieno di graffiti.
Anita: "Papà, perché quel muro è pieno di disegni?"
io: "Non lo so".
lei: "Me lo dici anche se non lo sai?"
e io: "Perché è passato un ragazzo è ha pensato che quel muro era un po' brutto e bisognava renderlo più allegro. E così..." Etc, etc.
A parte lo sforzo di inventiva cui questa frase mi sottopone ogni volta, mi piace quando Anita mi chiede queste cose. Mi fa tenerezza.
E soprattutto mi fa pensare quanto (almeno fino all'età scolare) i bambini vedano nei propri genitori una chiave d'accesso a qualsiasi cosa. Volenti o nolenti siamo il loro filtro nei confronti del resto del mondo.
nella foto: Anita e sua cugina nonché compagna di giochi Ginevra, al parco.
17 giugno 2009
dal benzinaio
ovvero: di come si cerchi invano di alzare il livello di una concersazione.
stamattina arrivo dal benzinaio sul motorino.
mentre attendo il mio turno, a pochi metri da me arriva una donna a bordo di una Ducati, con tanto di giacca di pelle (firmata Ducati) e casco integrale.
il benzinaio, un signore neanche troppo giovane, sussurra: "maro' che figa!"
sorridendo, replico: "beh, le donne sulla moto hanno sempre un certo qual fascino"
e lui: "no, no: è proprio figa!"
stamattina arrivo dal benzinaio sul motorino.
mentre attendo il mio turno, a pochi metri da me arriva una donna a bordo di una Ducati, con tanto di giacca di pelle (firmata Ducati) e casco integrale.
il benzinaio, un signore neanche troppo giovane, sussurra: "maro' che figa!"
sorridendo, replico: "beh, le donne sulla moto hanno sempre un certo qual fascino"
e lui: "no, no: è proprio figa!"
15 giugno 2009
della multietnicità milanese
Sempre a proposito della multietnicità di Milano (ne parlavo nel post precedente) volevo segnalarvi quanto ho vissuto ieri sera.
Ieri abbiamo fatto merenda tardi e quindi, al termine dei nostri giri domenicali, ci accingevamo a tornare a casa alle 19,30.
Visto che sono uno strenuo sostenitore del non rinchiudersi in casa, propongo a Dalia di andare a fare un altro giro, forte del fatto che fosse ancora chiaro e la temperatura, dopo una giornata torrida, iniziava a farsi accettabile.
Andiamo quindi ai giardini di piazza Insubria (300 metri da casa nostra).
Lo scenario che salta subito all'occhio è dei più allegri: un centinaio di bambini urlanti e giocanti sparsi per tutti i giardini.
Chi si rincorreva, chi andava in bici, chi giocava con i vari scivoli e costruzioni, chi mangiava il gelato, etcetera.
Il classico colpo d'occhio che hai quando entri in un parco pubblico verso le 4 o le 5 di pomeriggio. Non certo alle 8 di sera.
E qual era, allora, la differenza (a parte l'orario)? Era che - lo giuro! - Anita era l'UNICA bambina italiana. Potrei esagerare e dire che era l'unica di carnagione chiara (e qui si sprecherebbero battute sul pallore congenito che mia figlia ha ereditato da sua madre).
Il parchetto era pieno di bambini di almeno mezza dozzina di nazionalità diverse che giocavano insieme. Parlando italiano benissimo, ovviamente.
Sono i figli dell'immigrazione massiccia degli anni '80 e '90.
Non so a voi, ma a me 'ste cose scaldano il cuore. Perché se è vero che l'integrazione parte dal basso (dai bambini, appunto) ieri sera lo scenario era dei più ottimistici.
nella foto: i giardini di Piazza insubria. Purtroppo non ho trovato una foto migliore.
Ieri abbiamo fatto merenda tardi e quindi, al termine dei nostri giri domenicali, ci accingevamo a tornare a casa alle 19,30.
Visto che sono uno strenuo sostenitore del non rinchiudersi in casa, propongo a Dalia di andare a fare un altro giro, forte del fatto che fosse ancora chiaro e la temperatura, dopo una giornata torrida, iniziava a farsi accettabile.
Andiamo quindi ai giardini di piazza Insubria (300 metri da casa nostra).
Lo scenario che salta subito all'occhio è dei più allegri: un centinaio di bambini urlanti e giocanti sparsi per tutti i giardini.
Chi si rincorreva, chi andava in bici, chi giocava con i vari scivoli e costruzioni, chi mangiava il gelato, etcetera.
Il classico colpo d'occhio che hai quando entri in un parco pubblico verso le 4 o le 5 di pomeriggio. Non certo alle 8 di sera.
E qual era, allora, la differenza (a parte l'orario)? Era che - lo giuro! - Anita era l'UNICA bambina italiana. Potrei esagerare e dire che era l'unica di carnagione chiara (e qui si sprecherebbero battute sul pallore congenito che mia figlia ha ereditato da sua madre).
Il parchetto era pieno di bambini di almeno mezza dozzina di nazionalità diverse che giocavano insieme. Parlando italiano benissimo, ovviamente.
Sono i figli dell'immigrazione massiccia degli anni '80 e '90.
Non so a voi, ma a me 'ste cose scaldano il cuore. Perché se è vero che l'integrazione parte dal basso (dai bambini, appunto) ieri sera lo scenario era dei più ottimistici.
nella foto: i giardini di Piazza insubria. Purtroppo non ho trovato una foto migliore.
10 giugno 2009
quest'anno devo andarci
Quest'anno lo voglio fare: devo andare almeno una sera al Festival "Latinoamericando" che, puntuale come le zanzare, ogni estate si presenta a Milano.
E, come le zanzare, ogni anno si moltiplica a dismisura; raddoppia, triplica le sue giornate e la partecipazione in massa.
Mi ricordo quando era un piccolo Festival di 1 o 2 settimane. E non sto parlando di molto tempo fa, eh!
Quest'anno dura 2 mesi: dal 18 giugno al 18 agosto.
Quasi una minaccia.
Che a Milano ci sia una massiccia comunità di persone proveniente dall'America centromeridionale lo si sa da tempo immemore (c'è ancora qualcuno che pensa non sia multiculturale? a parte il nostro premier, of course); ma questo evento, se ce ne fosse bisogno, ci ricorda quanto sia presente la comunita ispanica all'interno del nostro tessuto sociale.
Quest'anno voglio provare ad andarci. Voglio vedere cosa c'è.
Voglio vedere se è frequentato solo da stranieri o se ci sono anche tanti milanesi attratti dall'onda musicale che ti investe quando passi sulla tangenziale, nei pressi di Assago.
O molto più semplicemente attratti da quel fantastico odore di salamella che ogni anno mi fa dire "quest'anno devo andarci".
E, come le zanzare, ogni anno si moltiplica a dismisura; raddoppia, triplica le sue giornate e la partecipazione in massa.
Mi ricordo quando era un piccolo Festival di 1 o 2 settimane. E non sto parlando di molto tempo fa, eh!
Quest'anno dura 2 mesi: dal 18 giugno al 18 agosto.
Quasi una minaccia.
Che a Milano ci sia una massiccia comunità di persone proveniente dall'America centromeridionale lo si sa da tempo immemore (c'è ancora qualcuno che pensa non sia multiculturale? a parte il nostro premier, of course); ma questo evento, se ce ne fosse bisogno, ci ricorda quanto sia presente la comunita ispanica all'interno del nostro tessuto sociale.
Quest'anno voglio provare ad andarci. Voglio vedere cosa c'è.
Voglio vedere se è frequentato solo da stranieri o se ci sono anche tanti milanesi attratti dall'onda musicale che ti investe quando passi sulla tangenziale, nei pressi di Assago.
O molto più semplicemente attratti da quel fantastico odore di salamella che ogni anno mi fa dire "quest'anno devo andarci".
09 giugno 2009
massima del giorno
Dalia (tagliando una torta): "Sto facendo un macello."
Anita: "Perché?"
Dalia: "Perché non sono brava in cucina."
Anita: "E invece in sala?"
Anita: "Perché?"
Dalia: "Perché non sono brava in cucina."
Anita: "E invece in sala?"
07 giugno 2009
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